IL PUZZLE DI PASQUALE CHIECO

#SalviamoRuvo






Voglio dire la mia sull’esordio di Pasquale Chieco sabato scorso ai Domenicani.

E voglio dirlo da Cittadino, da appassionato della cosa pubblica, da uomo di comunicazione, ma anche da candidato e quindi rivale. Lealmente, rivale. 

D’altra parte come primo atto, non appena candidato, sono andato a sentirlo. Un po’ quindi me lo merito…;)

E, soprattutto, ho applaudito già in tempi non sospetti, e senza riserve, alla scelta di Chieco come candidato: senza alcun dubbio l’unica cosa buona fatta dal disastroso Pd locale negli ultimi anni.

Il problema vero era, ed è, semmai, se questo Pd squalificato e distruttivo sia oggi all’altezza di Chieco. Staremo a vedere. Non è un problema nostro ma, per così dire, non invidiamo il candidato che ci si dovrà confrontare.


Motivi opposti

Detto questo, neanche a me Pasquale è piaciuto granché. E per i motivi opposti a quelli del mio amico Francesco Montaruli, che ne ha scritto splendidamente su RL

Francesco è andato scetticamente a vedere cosa c’è di vero e solido in questo candidato che la solita clacque piddina presenta ora come il Messia. (A proposito, Pasquale: fa attenzione alle crocifissioni…;). E vi ha tratto le sue legittime considerazioni.

Io sono andato soprattutto a “salutare” un amico e una persona che stimo, senza attendermi nulla di che, se non una classica presentazione pilotata e ottimistica per galvanizzare le truppe, demotivate da tanto disastro. Ma una presentazione di qualità, all’altezza del candidato.

E tuttavia su questo devo marcare la mia delusione.  Perché mi aspettavo molto. Moltissimo. E ho visto tutt’altro.


Chi “viene” e chi NON se ne va

Cominciamo col dire che trovo ignobili, e indegne, le critiche di chi rimprovera a Chieco di “venire da fuori“. Non solo perché Pasquale è ruvese quanto me e chiunque; e non solo perché vivere e lavorare fuori non è ancora un reato. 

Non solo. Ma di più. È una critica indegna perché viene perlopiù da coloro che pur essendo rimasti, e ahinoi proprio perché sono rimasti, non solo non si riesce a toglierseli davanti – ma o non hanno mosso un dito per evitare lo scempio e il disastro; o vi hanno attivamente collaborato, avendo come unica fissazione il proprio squallido orticello clientelare, non di rado ricattatorio.

In questo senso la parziale “estraneità” di Chieco è semmai un vantaggio. Un Plus. Magari fossero stati fuori anche lorsignori, maggioranza e finta opposizione. Forse ampliando gli orizzonti si sarebbero resi conto della loro piccineria, si sarebbero dati una regolata e oggi non staremmo sull’orlo del baratro.

I danni maggiori qui li ha fatti chi non se ne è mai andato. E si capisce perché…

Forse sarebbe salutare mettere tra i requisiti dei futuri sindaci un periodo di emigrazione, lavoro e formazione fuori. Sono convinto che aiuti alla grande.


Chi all’altezza di chi

Il problema è al contrario sull’altro versante. Cioè perché mai la cos l’establishment piddino locale, chiuso e antidemocratico, terrorizzato da una sicura disfatta elettorale, è andato proprio a pescare un “esterno”?

Gli avranno raccontato lealmente (figuriamoci: questa parola i loro vertici ciarlanti e registranti neanche la conoscono) la situazione; confessato errori ed omissioni come col cappellano militare, prima di spingerlo a guidarli in battaglia – la battaglia risolutiva…

O gli avranno confezionato un papocchio, il solito, dove loro sono gli eroi incompresi che “fanno” mentre fuori i soliti rompiballe, criticoni, perfezionisti, legalitari, democratici e fissati con le regole, a cominciare da chi scrive, li sottopongono al più ingiusto dei bombardamenti?

Al Lettore (ed elettore) la fin troppo facile risposta.

Ma questo non è un problema nostro e Pasquale Chieco non è persona che si possa così facilmente raggirare. Non tarderà a rendersi conto – se non l’ha già fatto. 


Tre punti critici

E allora perché non mi è piaciuto?

Uno. L’ho visto non solo generico (si può capire: diamogli tempo), ma addirittura impacciato. Possibile? Uno col suo curriculum? Un docente, avvocato ecc…? Davvero strano.

Due. Ho visto le domande più banali della storia passare sullo schermo del proiettore: che farai per questo, che farai per quello… 
Mancava solo “che segno sei” e “che fai stasera”.
Decisamente uno spreco – con tutto quello che di meglio – e più interessante per tutti – gli si poteva chiedere.

Tre. La cosa più grave: neanche un secondo concesso al pubblico per fare la benché minima domanda, chiedere un chiarimento, persino fare un augurio. Nulla. Nonostante fosse tra un pubblico decisamente amico. Che razza di “presentazione” è? Tanto valeva registrare un videomessaggio…

Come se una regia terrorizzata abbia imposto il blocco per paura di chissà cosa. Ma di cosa – visto che erano quasi tutti piddini?

Che la “famiglia” non sia poi così armonica come vuol dare a vedere? Che gli strappi non siano stati per nulla ricuciti? Che si abbia il terrore di mostrarsi all’esterno divisi e l’un contro l’altro armati? 

Come per esempio accade sul Referendum del 17 aprile: ma si sa: Referendum è una parola che aborrono, maggioranza e finta opposizione, perché dà potere ai Cittadini.

Chissà.


La bomboniera

Di sicuro Pasquale Chieco è uomo che può reggere ogni confronto dialettico e che non avrebbe avuto paura di rispondere alle domande. 

Allora perché è stato “presentato” in una specie di campana di vetro, dove poteva mostrarsi ma non “parlare”, o comunque non “dire”, non fuori dallo schema stabilito?

Hanno sciorinato i suoi titoli perché fa figo e – credono – porta consenso, ma poi lo hanno costretto in una bomboniera manco fosse la famosa valletta “muta” dei telequiz.

Quello che ho visto, insomma, non è il candidato “venuto da fuori”: ce ne fossero, candidati così. 

Quello che ho visto e non mi è piaciuto è che a questo candidato sostanzialmente sia stata tolta la parola (la parola autonoma, libera, indipendente) proprio da chi è andato a chiamarlo e supplicarlo di scendere a salvarli.

Naturalmente non immagino che qualcuno abbia detto a Chieco cosa fare/dire, né tantomeno che lui se lo sarebbe lasciato dire – intendiamoci.

Ma deve aver colto certe sfumature, inteso certi messaggi, recepito queste e quelle esigenze, al punto che gli sarà sembrato opportuno comporre il puzzle in quel modo. Almeno per ora.


Un confronto vero

Di sicuro, per togliermi il dubbio, in altri momenti gli avrei chiesto un’intervista. Seria. Tosta. Come vanno fatte.

Oggi, da candidato e in questo senso “collega”, non credo sia il caso.

Però a un confronto pubblico ci starei. 

Un confronto possibilmente fra tutti i candidati o quantomeno tra noi due, tra i due candidati più diversi e innovativi in competizione. 

L’uno sostenuto dall’unica macchina di partito rimasta sulla piazza, ma che non si sa se, per i suoi molti peccati, finirà per spingere o per travolgere il suo candidato. 

L’altro che ha scelto acrobaticamente di scommettere su una voglia di cambiamento vero nei Cittadini, che non accettino più compromessi con la parte peggiore del nostro passato – sperando che i tempi siano maturi.

Insieme avremmo stravinto. Divisi, mi toccherà vincere da solo – 😉 – se la voglia di rivincita e l’esigenza di riscatto della Città, che sono senza alcun dubbio largamente maggioritarie tra le Cittadine e i Cittadini, troveranno la forza di sganciarsi dai vecchi schemi, di respingere l’imbroglio dell’astensione e di tornare alle urne da donne e uomini liberi per riprendersi il Futuro e la Città.

Io lavorerò per questo. 

Ma nel frattempo bisogna mettere al sicuro il Futuro della Città, attraverso proposte condivise che costituiscano il quadro generale di riferimento ideale per una Città che ha bisogno di Rinascere.

In questo senso arriverà presto una nostra proposta per superare questa micidiale impasse e riprendere a camminare, se non a correre, dopo una stasi durata troppo a lungo.










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