LE ALI DEL GRIFO. 2. Il Grifo lotta solo

 






















In strategia aziendale si chiama plus. Quella caratteristica che ce l’hai solo tu o pochi altri. E che se si accorda con (o riesci a imporlo sul) trend di mercato, fa il tuo successo. Nel caso contrario, ti affonda anche più rapidamente.

 

Dal punto di vista strettamente aziendale, il plus della cantina Crifo rispetto alla concorrenza è racchiuso in una sola parola. Cooperativa.

Il Direttore generale ne è ben consapevole. Così quando gli chiedo della crisi, della disaffezione (e dell’abbandono) di molti Soci, dei pagamenti ritardati e delle tariffe più basse di acquisto, la risposta gli è facile.

 

La nostra è una cooperativa. Abbiamo 650 soci e non possiamo neanche pensare di agire senza tenere presente questo dato.

 

È vero. Molti se ne sono andati. Ma moltissimi rimangono e in ogni caso questa è la nostra forma societaria.

 

Ed è una formula che ovviamente ha vantaggi e svantaggi, anche al momento dei conferimenti.

 

Per esempio, i vantaggi?

 

Per la Cantina il vantaggio è avere un plateau di contributori prevedibile, nei limiti. Per i soci è avere un porto sicuro.

 

Perché molti se ne vanno, allora? Perché si dice che il privato paga meglio, e prima?

 

Riccardo Ravasio, dg Crifo

È logico che il privato non ha i nostri limiti, come non ha generalmente le nostre potenzialità, derivanti appunto dalla forma societaria.


Quando la produzione è buona o scarsa il privato compra a prezzo più alto, fin quando gli serve. Poi stop. E tu che non hai venduto la tua uva dove vai a sbattere?

 

Invece da noi il Socio ha la porta sempre aperta. Per quanto la sua produzione possa essere scarsa o abbondante, noi non possiamo né vogliamo mandarlo indietro.

 


Insomma lo spirito cooperativo. Ma come mai il meccanismo pago meno-in cambio-ti-do-sicurezza  ha funzionato per decenni e ora non va più? Chiaramente un motivo ci dev’essere. Errori. Indebitamento eccessivo. Investimenti sbagliati?
Per esempio, la nuova cantina….

 

Guardi, non so se si può definire un errore. Certo l’investimento è capitato nel momento in cui il mercato è andato in crisi.

La nuova cantina è stata pensata e avviata in un momento di espansione, tant’è che doveva contenere 300mila ettolitri di prodotto.

E invece?

 

Invece per fortuna ci si è fermati a metà, circa 148mila ettolitri. Il mercato nel frattempo aveva già dato qualche segno.



Di questi 148mila quanti ne riempite?

 

Grosso modo metà.

 


Quindi già il nuovo stabilimento è sovra-dimensionato, pur essendo stato realizzato con metà della capacità prevista.
A cosa vi serve allora la vecchia Cantina? Non era meglio venderla?

 

Personalmente sì, ritengo che sarebbe stato meglio venderla. Ma evidentemente allora le previsioni su produzione e consumi erano nettamente diverse da quelle di oggi.

 

Inoltre allora la percezione era che il mercato immobiliare sarebbe stato sempre in ascesa, quindi tenere la vecchia sede poteva essere un buon calcolo nell’ottica di un capitale di sicurezza, sempre disponibile e rivalutato nel tempo.


Poi il mercato immobiliare è stato il primo a crollare. Però questo oggettivamente era difficile prevederlo, se non impossibile. Ma non finisce qui.



Che altro?


Consideri che prima di costruire la nuova Cantina, Crifo era costretta a depositare l’eccesso di prodotto in ben 9 cantine diverse in tutta la Puglia, con ovvi aggravi logistici, di spesa e di efficienza, e senza la sicurezza di poter sempre disporre di quegli spazi, se fossero serviti ai relativi proprietari.

 

Infine non dimentichiamo che le file interminabili al momento del conferimento, bloccavano la circolazione intorno alla vecchia sede, anche per chilometri (io non c’ero, ma me l’hanno raccontato), causando quindi un diffuso disagio alla popolazione che chiedeva risposte.

 

La nuova sede è stata realizzata nel 2009, ma progettata molto prima, in anni di vacche grasse. Calcoli che la Cantina vendeva circa metà del prodotto alla distillazione. Poi questo mercato è crollato improvvisamente e gli amministratori si sono trovati senza soldi.

 


Proprio nel momento in cui servivano di più. Un classico.

 

Certo, penso… Non si poteva prevedere. Erano tempi diversi.

E tuttavia…

 

Diversi? Quanto diversi? Se sfogliamo l’immenso album dei ricordi di nome internet troviamo qualche istantanea (e qualche conferma) piuttosto interessante.

Per esempio questa. Un’Assemblea dei Soci del 2008. Clima euforico, mascherato solo dall’età e dalla prudenza degli astanti.


RUVO DI PUGLIA. Assemblea Soci CRIFO i

Certo il cav. Stragapede non difetta di ottimismo, quando la definisce “un’assemblea di giovani”, ma la riconferma del Cda è un segno eloquente che nessuno sospetta il disastro imminente. Eppure, a livello mondiale, il 2008 è già l’anno della crisi. Ma è americana, o così sembra. Evidentemente appare lontana.

Vendemmie abbondanti.

E guardiamo quest’altro video. L’inaugurazione della Nuova Cantina. È il 2010. L’ottimismo è ancora tutto lì. La vendemmia è stata magnifica. Il Padreterno pare sorridere alla Crifo, nelle parole del suo più che quarantennale presidente.

 

 

 

Poi, da un giorno all’altro, Stragapede lascia o è costretto a lasciare. Dopo 43 anni di un solo presidente, discutibile e dispotico quanto si vuole, ma punto di riferimento fisso, se non immobile – ecco avvicendarsene altri 2 in tre anni. E la situazione? È migliorata?

 

Guardi, io sono arrivato qui l’anno scorso e la situazione era quasi disperata. Il 90% dell’indebitamento era a breve.

 


Il 90%? Eravate a un passo dal fallimento.

 

A un passo no, ma la situazione era molto difficile.

 


E oggi?

 

Oggi il contrario. L’indebitamento a breve è circa il 10%.

 


Quindi la situazione è più tranquilla?

 

Rispetto all’anno scorso sì. Ma stiamo ancora lottando. Abbiamo tutto il mondo contro. Questa è un’azienda che è stata lasciata sola.

 


Beh, dottore, come tutto il resto – rifletto tra me… Siamo da un bel pezzo al “si salvi chi può”. Qui al Sud, lo siamo praticamente da sempre.

 

Eppure, come al solito, qualcosa non quadra.

 

Insomma la nuova cantina ottimizzava le risorse, consentiva una migliore programmazione, una logistica più adeguata, migliore rapporto costi-benefici… 

Eppure è andata male. E se l’esperienza mi ha insegnato qualcosa, è che bisogna, in questi casi, chercher l’argent. Seguire il flusso dei soldi. identificare il colpevole, dal motivo della sua colpa..

Ovvero, ci scommetto, un bel finanziamento pubblico, europeo, regionale o quel che sia – in ogni caso eleganti metafore per dire soldi di tutti, con una bella scadenza perentoria dell’offerta che spinge anche il contadino più prudente e conservatore a diventare un ardito speculatore di Borsa.

 


Lo chiedo al Direttore.

 

Effettivamente c’era un finanziamento regionale…

 

Eccolo lì. Infallibile.


Darwin in cantina

 

Ma ridiamo la parola a Ravasio che spiega meglio, con precisione darwiniana, perché la forma cooperativa è importante, ma non è tutto.

 

Terlizzi, Mariotto, Gioia del Colle, Locorotondo… sono solo alcuni nomi di un elenco molto più lungo di cantine cooperative fallite negli ultimi ann

 

I motivi sono naturalmente svariati, ma il leit motiv è uguale per tutti: cessati i contributi alla distillazione e/o all’arricchimento, in pratica le forme di sussidio – il modello di business, spesso, non ha retto.  

 

L’organismo che regge meglio il passare dei tempi, non è né il più grande, né il più forte, ma quello che si sa adattare meglio al cambiamento. Grifo, pur in mezzo a mille difficoltà, ha affrontato l’urto ed è ancora viva, anche se, come giustamente rilevato, ferita.

 


Faccia capire meglio.

 

Fino al 2010 circa metà della produzione andava alla distillazione (liquori ecc…) e su quello si percepivano contributi pubblici. Poi, nel 2011 stop totale.

 

In particolare, la sfortuna ha voluto che, appunto, i sussidi siano terminati PROPRIO nel periodo immediatamente successivo all’ingente investimento per la nuova cantina.

 

La nuova cantina fu concepita già a fine anni ’90, nel pieno fulgore, quando nessuna avvisaglia dei futuri cambiamenti poteva essere avvertita.

 

Poi, nei primi anni 2000, complice la fortunata coincidenza di rilevanti contributi regionali, essa fu finalmente realizzata. 2009  fine lavori. 2011 fine contributi alla distillazione. 

Il che significa 30/40 % di fatturato in meno. Ma raccolta sempre ingente.

 

Si ricorda cosa le ho detto, vero? Una cooperativa non può rifiutare l’uva dei soci.
Quindi, quale sbocco per tutta quella produzione? Naturalmente la Gdo (Grande Distribuzione Organizzata, cioè ipermercati e supermercati, ndr), unico canale in grado di assorbire quei volumi di prodotto.

 


Rilevanti contributi regionali: ecco la chiave che cercavamo.

 

Rilevanti contributi regionali. L’opportunità irripetibile. Ecco ciò che spinge l’oculatissimo, disincantato e semmai solitamente tirchio uomo-della-terra a metter mano al portafogli e tirar fuori fino all’ultima lira. 

L’ora o mai più che fa saltare tutte le difese. Che schianta i materassi alla ricerca dell’ultimo nascondiglio dell’ultimo risparmio. L’offerta speciale del venditore di pentole regionale o nazionale o europeo, ahinoi valida solo oggi, prendere o lasciare.

 

Questi benedetti (…) Fondi usati come un maglio da strutture altamente clientelari come le Regioni per condizionare e dirigere le “politiche” delle strutture bassamente clientelari come i Comuni. Soldi dati per distruggere. Oggi una Piazza. Ieri una cantina. Anzi, un bel po’.

 

Tanto l’importante è altro. Favorire la tribù. Piazzare amici e parenti. Tanto c’è chi paga per le mille inefficienze del più privato, familistico e tribale degli apparati, fuori da ogni concorrenza e valutazione, parassitariamente piantato nelle tasche dei Cittadini – che per ironia della sorte si chiama pubblico.

 

E anche il resto che non è difficile immaginare. Le spinte clientelari della “politica”. E tutto il relativo fraseggio triste che conosciamo bene, il tric e trac incestuoso politica-affari che condanna il Sud a un’eterna subalternità, ad una interminabile reciproca inadeguatezza.

 

Se vuoi i soldi, questo è

 

È quello, il Diavolo che ha indotto in tentazione anche i virtuosissimi e laboriosissimi uomini della terra e della vite. I soldi pubblici, apparentemente regalati, in realtà avvelenati.

 

Ma queste sono considerazioni nostre, che non toccano il motivatissimo Direttore generale. Ravasio continua. E sciorina dati, illustra brochures, spiega strategie e – come un buon capo deve fare, non scarica le colpe sul passato ma si assume l’onere di spiegare e giustificare.

 


Giovanotti col bastone

E tuttavia…

 

Quell’assemblea di contadini, agricoltori e proprietari terrieri, quell’istantanea che sembra provenire dall’800, con un secolo di ritardo; quei giovanotti col bastone che si avviano con l’allegria dei Ragazzi del 99 a farsi massacrare nella guerra della Globalizzazione, altrettanto impreparati e male armati e organizzati dei nostri fanti della Prima Guerra Mondiale – quei vecchietti di ogni età possono avere dei difetti.

 

Quella struttura un po’ feudale, un po’ nepotistica, dove, come in certe banche, i figli dei più grandi azionisti diventano impiegati o dirigenti, a seconda della stazza, indipendentemente dalle loro capacità. Mentre la bassa manovalanza ha, come qui ovunque, reclutamento perlopiù clientelare. L’arte antica, in cui noi italiani, specie meridionali, siamo maestri, di stringersi il cappio con le proprie mani.

Tanto è (era) lo Stato che alla fine garantisce e crea la politica economica e di mercato controllato. La Cantina era, e in gran parte ancora è, un residuato di questa logica del secolo scorso.

 

Così quando lo Stato ha dovuto mollare un po’ la presa, ecco che l’alternativa è diventata Mercato o Morte. Una scelta obbligata.

 

E da brave persone quali erano, abituate a curare il prodotto (inizialmente strepitoso) ma del tutto a digiuno di marketing, strategia avanzata d’impresa, comunicazione e tutto il resto dell’armamentario – e con queste vendemmie dell’Abbondanza – hanno puntato sulla quantità. La via più facile, in gran parte obbligata, ma sbagliata.

 

Certo, è facile anche dirlo col senno di poi. Ma anche allora scelte più ponderate avrebbero potuto evitare il peggio.

 

D’altra parte, è il mercato, bellezza. Chi sbaglia paga. Troppi pescecani affamati in giro, per sperare nell’altrui pietà. E troppo sfiancate le finanze pubbliche, per poter contare ancora sulle (velenose) generosità di un tempo.

 

Ravasio me lo conferma indirettamente con le cifre del suo tabellario: anche se fosse a pieno regime, la Cantina sarebbe ben lontana dai volumi dei grossi produttori italiani e non. Quelli che appunto mirano alla quantità, alle economie di scala. Quelli che fanno “prodotti” mentre qui ci si attardava (si fa per dire) a fare “vino”.

 

I nostri soci-contadini pertanto erano diventati, loro malgrado e senza saperlo, pesci fuor d’acqua, o fuor di terra. Ma, tuttavia, non era gente da fare il passo più lungo della gamba.
E neanche Stragapede, per quel che se ne sa.


Le olimpiadi del marketing

 

E allora perché a un certo punto questa serena brigata di agricoltori si è messa in maglietta e calzoncini e ha cominciato a correre all’impazzata per gareggiare, così genuina e così impreparata, alle olimpiadi del marketing mondiale, nel prevedibile ruolo della vittima?

 

Chi o cosa li ha spinti a questa follia? Lo abbiamo visto: il denaro “pubblico”.

 

È quello il veleno. Somministrato come cura all’azienda in difficoltà-da-crescita. Spingendola all’investimento e poi abbandonandola.

Servirebbe capire bene questi passaggi.

Servirebbe soprattutto alle centinaia di soci che ci hanno rimesso al punto da abbandonare la cantina, da strapparsi di dosso una parte così importante della propria identità.

 

Servirebbe forse ancora di più a quelli che son rimasti. Che hanno bisogno di intravvedere un futuro.

 

Perché nell’impresa della nuova cantina, la Crifo si è dissanguata.

 

Ha speso fino all’ultimo centesimo e non è più stata in grado di usare il contante, il cash flow e le riserve finanziarie, per dare anticipi regolari ai Soci-conferitori, come era sempre avvenuto; condannandoli ad aspettare le calende greche per un rimborso sempre più misero.

 

E questo, quando andava bene…

 

Il meccanismo che ha retto per quarant’anni si è sbriciolato in un biennio di fronte alla necessità di cambiamento, ai sogni di grandezza e ad un calcolo errato, o sfortunato, degli andamenti del mercato.

 

Quello stesso mercato che si voleva aggredire moltiplicando la capacità produttiva. Proprio mentre da qualche parte si decideva di chiudere il rubinetto dell’assistenzialismo produttivo e privare così il Grifo di quasi metà fatturato.

 

E si è infranto, come in tante altre realtà, di fronte all’invadenza della cattiva politica da cui siamo tutti circondati. Soldi avvelenati, in cambio di clientela.

 

Il paradosso tragico dello “sviluppo” perseguito con logiche e mentalità che creano sottosviluppo

 

L’ironia della Storia si è così abbattuta senza pietà su questa azienda gestita per decenni come una famiglia contadina (con pregi e difetti della condizione), e che, istigata dal solito Diavolo, ha cominciato a cedere proprio a quell’errore che la gente-della-terra NON fa mai.

 

Il passo più lungo della gamba.

 

Il Grifo però è ancora lì. Lotta da solo. Ha le ali ferite e ripiegate. Ma può ancora volare.

(2. Continua)

Leggi il finaleIL GRIFO RITROVATO

Leggi la prima puntata. LE ALI DEL GRIFO. IL GRIFO FERITO