La strana fuga degli assassini

Aggiorniamo l’articolo con ulteriori dettagli emersi, che in parte modificano il quadro descritto.  Cerchiamo di dare la migliore informazione possibile, selezionando drasticamente quanto ci viene comunicato da fonti innumerevoli e di varia attendibilità, privilegiando fonti che hanno dimostrato di essere attendibili, e nello stesso tempo, ovviamente, stando bene attenti a rispettare il lavoro e il riserbo degli Inquirenti. Che dovrebbero ormai essere vicini alla soluzione del caso.
 
 

Una tranquilla sera di primavera. 13 aprile. Poco dopo le 21,30. Piove, pioviggina. Pazienza. Ogni tanto, ci sta. Via Cattedrale è lucida, pronta a entrare con i suoi locali nella serata uggiosa. È venerdì, e nonostante la crisi, è quasi come un sabato. Si lavorerà. 

All’improvviso un rumore, che qui, vicino alla chiesa del Purgatorio, arriva attutito. Sembra uno dei tanti, nel corso della giornata. Ma da quel rumore, come per magia, si sprigiona una vitalità inconsueta. Eccessiva. Un brusìo che cresce, qualche grido in lontananza. Un vociare sempre più sostenuto e quattro ragazzi che arrivano di corsa, trafelati, bagnati, stravolti. Tra le mani un affare che sembra un computer del secolo scorso, o un pallottoliere digitale. Un registratore di cassa o quel che ne rimane.
Chissà cosa saranno sembrati, a un viandante che frettolosamente raggiungesse casa sua per la cena. Ragazzi smidollati in fuga da quattro gocce di pioggia? Braccia rubate all’agricoltura? I soliti teppistelli in rotta verso posti in cui ubriacarsi o drogarsi? Chissà.
Ma di sicuro non avrà immaginato che quei quattro avevano appena ucciso, e che scappavano da un omicidio, dalle sue conseguenze, dalla punizione, dalla consapevolezza di essere ormai per sempre colpevoli. In fuga dal castigo e in fuga da se stessi. La fuga impossibile.
Ma i quattro non hanno tempo né voglia di filosofeggiare (quanto gli sarebbe servito, invece…). Si infilano nell’auto parcheggiata di fronte alla chiesa e mettono in moto. O meglio, ci provano. Perché l’auto non parte. Non ne vuole sapere. Saranno le candele o l’iniezione o chissà che altro. Sarà la pioggia, o la mano di Dio. Non va. E piove. E tra poco potrebbe arrivare una valanga umana, a caccia di loro.
Escono e provano a spingere. Sono in quattro: dovrebbero farcela benissimo. Ma chiedono aiuto, o forse l’aiuto viene offerto spontaneamente da chi è lì, li vede in difficoltà e mai nella vita immaginerebbe che stanno scappando, e da cosa.
Ma dalla sua testimonianza sappiamo qual è l’incredibile traiettoria dei fuggitivi. Che non proseguono su Via Cattedrale – né verso Corso Jatta né verso la Cattedrale, da cui con ogni probabilità sono arrivati.
E neanche su via Purgatorio, la stradina verso la fontana e Piazza Dante: in ogni caso un rischio, stretta com’è e soggetta a parcheggi bloccanti; ma nulla, rispetto a dove vanno a cacciarsi i fuggitivi.
Che scelgono la parte peggiore, più tortuosa e rischiosa del labirinto: lo slargo che da Via Cattedrale/Purgatorio/Via Capoferri porta alla vecchia chiesa dell’Annunziata e di qui, attraverso una stradina strettissima e ad alto rischio di intoppo, alla discesa e finalmente a Piazza Matteotti di nuovo alla Cattedrale. Tutto rigorosamente controsenso, in pieno divieto d’accesso. Col rischio di incrociare un’auto che fosse venuta legittimamente in senso inverso – e chissà cos’altro ancora poteva capitare.
Perché?
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1. Forse sono nel pallone e agiscono d’impulso, senza sapere bene perché. Ma questa ipotesi sembra contraddetta dal fatto che non spingono verso il Corso, la via più naturale. Potrebbe essere perché è in lieve salita. Ma più probabilmente perché si aspettano che da lì arrivi chi potrebbe inseguirli.

2. Così vanno in direzione opposta. Perché non su via Purgatorio, verso la villa/Piazza Dante? Forse la via è occupata e si vede (assicuriamo che capita). Ma allora perché non per le vie dritte verso la Cattedrale – da dove sono venuti?

La via Cattedrale è più larga e avrebbero la ragionevole certezza di uno sbocco libero. Inoltre, è in direzione contraria a quella probabile degli eventuali inseguitori. Quindi è perfetta.
Certo. È in divieto di accesso. Ma come abbiamo visto non è un problema…
Forse arriva gente anche da lì?

3. Così dopo aver fatto un po’ di retromarcia a spinta, girano e spingono proprio verso il centro del labirinto. Sia pure per sboccare di nuovo proprio di fronte alla Cattedrale,
E gli va, incredibilmente, bene.

Ma perché una scelta così assurda e rischiosa?

Non si può escludere che il tutto sia frutto di concitazione e di casualità (unite a una notevole e inspiegabile, e un po’ scandalosa, fortuna).

Ma, poiché il caso non ci preclude di cercare la causa; anzi ci incentiva a cercarla con forza doppia, proviamo a chiederci il senso di quella scelta, casomai ce ne fosse uno.

A. Prendono un buco a caso, purché li porti lontano da lì. Poi prendono consapevolezza che per andare verso la cattedrale devono fare un tortuoso ripiegamento.
B. Temono di essere riconosciuti e di conseguenza prendono la via più buia e presumibilmente meno trafficata.
C. sanno perfettamente che è la via più breve per le grandi direttrici verso Corato e la Statale 231 o la  Murgia. Verso la fuga. Via Cattedrale è occupata da auto che sopraggiungono? Oppure, più probabilmente, invertire la marcia, in quegli spazi ristretti, e per di più a spinta, è troppo complicato, perciò scelgono di fare quella strana mezzaluna per tornare sulla piazza e da lì verso la villa.
Perché è l’unica strada che conoscono? Perché puntano verso Terlizzi/Bitonto o Bisceglie/Molfetta/Statale 16bis?
Ma in villa si perdono, a quanto pare, le tracce della Ford Focus. Chissà verso dove.

La B e la C, come si vede, ci riportano al solito drammatico bivio sulla cittadinanza degli assassini.
La B allude alla possibile ruvesità degli autori o alcuni di essi; o quanto meno sulla loro abitudine e frequentare quei posti e quindi essere riconoscibili.
La C sembra invece affermare la non ruvesità degli autori di un simile crimine. Le nostre fonti in ogni caso confermano che NON si tratta di ragazzi del posto.

Dal punto di vista umano nulla cambia. Dal punto di vista della città, è la differenza tra il giorno e la notte.

Aspettando l’alba.

 
mario albrizio