MEDITERRANEO SENZA SPETTATORI: NAUFRAGI CON ANGELI



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L’evento dedicato al mediterraneo dimenticato, ai migranti senza voce ideato e realizzato dalla Fondazione ANGELO CESAREO, si svolge in Largo Cattedrale a RUVO DI PUGLIA, nell’atrio di palazzo REGINA.

Uno scafo di barca è il fondale della scenografia. Esso accoglie e racconta i sogni e le speranze di tanti giovani migranti pronti ad affrontare un lungo viaggio. Sul fondo della barca è trascritta la lettera ritrovata di un ragazzo morto lungo la traversata .

Formelle di legno con i nomi e i volti di tanti angeli che accalcati in fatiscenti imbarcazioni, affrontano il mare cavalcando onde di speranza ed illusioni. Reti di pescatori, lampare ed ancora formelle di legno imbrigliate tra i fili di corda, reinterpretano il dramma senza voce di giovani vite. 

La mostra fotografica  testimonia il dramma che ogni giorno si consuma nei nostri mari, a cui anche la cronaca si sta assuefacendo .

Dal balcone centrale di palazzo Regina, è calata un’altra rete da pesca su cui saranno proiettate onde del mare e le sagome di un ulivo e di una palma, paesaggi che si riconoscono e si fondono in un unica origine.

Nello slideshow qui sotto il programma e alcune suggestioni.

Più in basso gli approfondimenti per chi non si accontenta. 🙂




 MEDITERRANEO SENZA SPETTATORI: NAUFRAGI CON ANGELI

                     MEDITERRANEO SENZA SPETTATORI: NAUFRAGI CON ANGELI  

Il titolo del nostro evento, e della mostra (itinerante) di icone di angeli su (formelle di) ulivo con relativa  esposizione fotografica, si volge verso un Mediterraneo senza più spettatori. 

Senza più nostri sguardi di fronte a quelle tragedie di popoli, fuggitivi sui barconi, che attraversano il nostro mare. Senza più sguardi di fronte a quegli angeli, bambini, ragazzi che, di quegli esodi, sono le inconsapevoli vittime ”eminenti”.

Si sta perdendo la capacità di essere spettatori, ”spettatori” in senso etimologico, e  umanamente forte, di ”spectare”, stare allo specchio della umana storia. 

Perché veramente spettatori si è quando, come evoca il significato della parola, si è in grado di farsi specchio dell’altro, dell’altrui umanità, dell’altrui dolore e affanno. 

Raccogliendolo nel concavo della propria visione. Meglio, si è in grado di farsi specchio dell’altrui volto. Ma ci si può fare specchio quando, radicalmente, nell’altro ci specchiamo, afferriamo, proprio come in uno specchio, in una pupilla, il nostro volto, la nostra persona, e non abbiamo paura.

Ora il nostro sguardo si è atrofizzato nell’anonimato, ha paura, si sta narcotizzando in fuggenti,vuote visioni che non lasciano traccia, si sta, come consumando, liquefacendo, in immagini sempre più appannate e indistinte. Insignificanti e insensate. Si sta, stancamente, spegnendo… naufragando.

E allora, l’evento della ”Fondazione”, con le sua duplice mostra e i suoi molteplici contributi, in forma poetico-musicale, figurativa,vuole porsi come un richiamo allo specchio, a specchiarsi, come un appello allo sguardo, un esercizio, a chi guarda, perché si faccia ”spettatore” dell’altro, provandosi  al coraggio di cogliere il volto, di svelarlo, come specchio, e svelandolo, di guardare, nella pupilla dell’altro, il proprio volto.

Ecco perché , volendo narrare tutta la tragedia umana, storica e culturale del nostro Mediterraneo, antico crocevia di culture e civiltà, di linguaggi e umanità, volendo far naufragare il nostro non-sguardo, volendo, coraggiosamente, arrischiarsi a specchiare i vortici dei naufragi di quei popoli asilanti, migranti disperati su barconi, non si possono non  interrogare, dal fondo del mare delle coscienze, dal fango delle quotidianità, quegli angeli perché si mostrino e perché, appellati, nominati, rispondano e si volgano a noi.

Ad appellarli, questi angeli del naufragio, troviamo gli ”ultimi”, i soggetti marginali della nostra società, i periferici del pensiero, gli ”sconfinati”…gli inquieti, i nostri altri diversamente ”diseredati”…

A loro, la nostra ”Fondazione” ha offerto, disseminandole, piccole tracce (noi le abbiamo chiamate ”haiku”), degli appigli nominali e paesaggi dell’anima, e loro, interpretandole, ponendosi in ascolto di quelle tracce, hanno dato un volto ai ragazzi, bambini dei tanti naufragi.

Recuperandoli dal fondo del mare senza più spettatori, dal buio dell’anonimato, dai non- sguardi, li hanno adottati facendosi da questi adottare. Li hanno dato una vita. Una storia.

 Da naufraghi,allora, sono diventati angeli… hanno parlato… si sono raccontati…

”Sono l’angelo Ahmed… sussurro di malinconia”
”Sono l’angelo Gabriel… brillo per una notte”
”Sono l’angelo Amos,,, acciughina di mare”.
”Sono l’angelo Huriyya… silenzio è la mia luce”
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Di questi sguardi, di queste storie e volti, la nostra ”Fondazione”, il nostro Angelo, tutti gli angeli del nostro mare senza più spettatori, a don Tonino Bello, lucciola-lanterna di stanchi gabbiani asilanti di Terre, fanno dono…

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