UN PIANO PER L’ITALIA, NON PER IL SUD



Nonostante i toni incomprensibilmente catastrofisti dell’articolista (“Emiliano freddato” e simili…); nonostante i dettagli dai toni neoromantici e un po’ barocchi (“Lui tende la mano, Renzi la ritira”) – la direzione Pd “sul Sud” di venerdì, per come viene riportata dal Corriere del Mezzogiorno, insegna un po’ di cosette non secondarie. Tutt’altro.

1. Renzi è nervoso e teme Emiliano.

Il premier che nessuno ha eletto teme il votatissimo e popolarissimo (astensione a parte) presidente pugliese. Lo vive come un rivale. E gli organizza un trappolone coi fiocchi.

Un plotone di “amici” più o meno miracolati, a partire dal miracolatissimo De Luca, e un’arringa che neanche verso Totò Riina, di certo non verso Berlusconi, in cui accusa indirettamente Emiliano, solo da due mesi presidente, praticamente di tutti i mali della Puglia.

Obiettivo, innervosirlo e spingerlo a strafare. Alla reazione masanelliana e caciarona che lo squalifichi come leader e lo lasci al massimo come capopopolo.

2. Emiliano, di cui è nota la passionalità e l’umanità, a volte trabordante, è freddo e calcolatore quanto basta.

Non cade nella trappola e pronuncia un discorso che il cronista giudica, bontà sua, sottotono rispetto ai toni bellicosi della vigilia.

Ma tutti sanno che c’è una bella differenza tra la vigilia e la sfida. Che i proclami fanno parte della trattativa ma non la sostituiscono. E che di norma esiste una proporzione inversa tra l’alzare la voce e la disponibilità a rompere pur di sostenere le proprie posizioni.

D’altra parte tutti i tifosi di calcio sanno sanno che quasi tutte le grandi sfide, quanto più sono precedute da proclami bellicosi, tanto più probabilmente finiscono in un pareggio. Che è pur sempre un risultato.

Ma qui c’è qualcosa di più. Una vittoria a tavolino – se si saltano, come si deve, le questioni di bon ton, le strette di mano mancate, le freddezze… e si punta al sodo.

Chi paga, chi incassa
Quello di Emiliano in realtà non è affatto un discorso sottotono. È un passare all’incasso. Riscuote l'”impegno” del governo. Ora sta a loro dimostrare che non parlano a vanvera.

Ok, impresa disperata…;)

Ma Emiliano non poteva fare di più. Non poteva mica prenderli per la collottola e sbatterli di fronte all’altoforno n. 1.

Ha fatto bene a contenere i bollenti spiriti. D’altra parte accettare battaglia su terreno e modalità scelti dagli avversari non è mai saggio.

Ora non deve fare altro che aspettare il governo alla prova dei fatti.

Naturalmente sa benissimo che non se ne farà nulla. Il Piano per il Sud rimarrà l’ennesima promessa mancata. E i fatti saranno esattamente il contrario delle parole, come questo premier anche più di altri e persino più sfacciatamente ci ha insegnato.

Una costante, ormai. Se poi il governo dovesse contro ogni previsione darsi davvero da fare, Emiliano potrà dire senza tema di smentite che è stato anche un successo suo, essendosi messo in posizione collaborativa.

Senza illudersi, però, su un attivismo reale e consequenziale del governo.

Renzi non ha la volontà di farne un fronte vero, e se l’avesse non ne ha la forza.

Chi gode degli effetti perversi degli squilibri Nord-Sud non glielo lascerà fare. E d’altra parte un premier imposto da congiure di palazzo non può permettersi grandi voli: i congiurati non lavorano certo per amor di patria.

L’unica soluzione, un Piano per l’Italia

D’altra parte anche Emiliano, costretto sulla difensiva, se può aspettare che il fallimento del governo gli caschi in mano come pera matura, certamente non ignora che quel fallimento sarà comunque a spese del Sud, e della sua regione.

E c’è una bella differenza tra veder passare il cadavere del nemico, come dice il proverbio – e una vittoria vera e piena.

L’unica soluzione è contrattaccare e proporre (im-porre) seriamente non “un Piano per il Sud”, ma un “Piano per l’Italia“, per un Paese finalmente equilibrato, e perciò forte e competitivo.

Certo, la rivalità Renzi-Emiliano ha il triste corollario di una faida in casa – ad ulteriore sottolineatura della pochezza dell’offerta politica italiana, e del conseguente disastro che è sotto gli occhi di tutti.

Come quelle volte che in Formula 1 una scuderia è troppo forte, o (che è lo stesso) troppo deboli le altre, e i due piloti finiscono per competere tra loro.

Su questo, tutti gli avversari del pur impresentabile Pd renziano dovrebbero interrogarsi a fondo, e a lungo. Fare un mea culpa non formale, non sbrigativo e non leggero.

3. Il duello Renzi-Emiliano, se mai ci sarà, ed è evidente che Renzi lo considera già in atto – è un duello che può fare solo bene al Sud, e quindi all’Italia.

Perché solo correggendo gli squilibri interni questo Paese potrà risollevarsi duraturamente e riconquistare il suo ruolo nel mondo.

In questo senso una gara, se mai ci sarà, tra i due galli del Pd per vedere chi fa di più per il Sud e quindi per il Paese; e chi di conseguenza può mettersi più medaglie sul petto, non può che fare bene a tutti. Da Bolzano a Palermo, da Lecce ad Aosta.

Sperando che il finale del duello sia in cabina elettorale. Perché questo Paese possa finalmente avere l’altra cosa che manca da troppo tempo: un Parlamento costituzionale e un premier eletto da Camere liberate e ripulite.

Si chiama Democrazia. E non è poi tanto male.