La Storia, la Città, i Cittadini

Piazza Matteotti e la Rotonda ancora al centro del dibattito. La nostra risposta al sempre stimato arch. Del Rosso, nella speranza  di un aggiustamento di tiro che ovviamente dipende da tanti altri, ma di cui speriamo l’arch. del Rosso vorrà farsi interprete e portatore.




24 Maggio 2014                                                                                       Preg.mo e carissimo

Mario Albrizio  



Con riferimento al Tuo recente intervento sul web “Ruvolibera” in merito al progetto di P.zza Castello, Vorrai accogliere le seguenti mie personali prime brevi riflessioni, all’unico scopo di contribuire alla crescita comune sui temi urbani, magari con atteggiamento un po’ meno impulsivo o pregiudiziale 

? ho un sacco di difetti, ma se c’è una cosa che non sono mai stato, non sono e mai nessuno in buona fede ha mai pensato di me, è proprio “impulsivo e pregiudiziale”.

Sono razionale per scelta, per studio e per vocazione, e sempre aperto e disponibile al dialogo. Tutto il contrario, insomma.


Peraltro, anche se così non fosse, si potrebbe dire la stessa cosa delle molte centinaia di persone che hanno letto il pezzo (più di 700 al momento in cui scrivo), molte delle quali lo hanno condiviso e commentato e approvato?



e più orientato al dispiegamento e ragionamento sugli elementi di valutazione.

In via preliminare, ritengo che la circostanza di un progetto in procinto di essere presentato e spiegato anche a parole ai cittadini richieda sempre massima prudenza di giudizio se non una vera e propria sua sospensione, almeno fino al momento di avere ben chiaro il panorama di questioni che lo regolano.


Condivido. Ma in tal caso non dovrebbero girare foto e brochures con il “progetto” già fatto, tra l’altro tristemente somigliante a quello, poi ripetutamente stravolto e con gli esiti che sappiamo, che aveva vinto per Piazza Dante.

E soprattutto NON dovrei sentire nessuno degli addetti ai lavori dire che ormai “il progetto è cantierizzato e parte entro 3-4 mesi“, come dire non ti illudere che quel “progetto” si possa cambiare”.


Impulsivo e pregiudiziale? ma quando mai. Solo attento alla Storia, all’Identità, al Significato e non ultimo all’estetica.


Come ben sai, non tutta la cittadinanza ha avuto modo di seguire i lavori di ricerca delle linee guida su cui orientare il  progetto, effettuato da buona parte della comunità tecnica locale che da oltre tre anni anima il Tavolo Tecnico dell’Ufficio del PUG, un gruppo che – gratuitamente – con carattere di interdisciplinarietà e rigore metodologico, nella più totale pubblicità e trasparenza, affronta – nell’interesse collettivo – i diversi temi della città e del territorio; l’incontro del 29, al quale mi spiace rilevare che non potrai partecipare per altri impegni analoghi, mira anche a ridurre una certa distanza partecipativa, riduzione che va ragionata con serenità, apporto di conoscenze ed apertura al “progetto” della città.

Appunto. Quello che si è sempre detto. E che è precisamente il contrario di un progetto già deciso e addirittura “cantierizzato” (se così è) e che, ancor più grave, ha bisogno di essere comunicato integralmente prima che eventualmente criticato. Ma è un progetto aperto, un progetto chiuso o un dogma indiscutibile?


Sulla parola parola “progetto” non mi dilungo, ma è chiaro che esso presuppone sempre un cambiamento, altrimenti MAI le nostre città sarebbero cresciute e SEMPRE avremmo ricostruito la PRIMA CAPANNA.

Il paragone è improprio. La capanna è un fatto familiare o individuale. Ciò di cui stiamo parlando è un’opera collettiva e realizzata con fondi pubblici. 


Sono pianeti totalmente differenti. La famiglia fa quello che le pare della sua capanna e della sua storia. 


L’ente pubblico non può. Specie se ha consapevolezza di sé e proiezione verso il futuro, che implica inevitabilmente conoscenza e rispetto per il proprio passato, tutto, altrimenti si naviga alla cieca e si è preda di ogni vento.


Sulla materia dell’Architettura della città, promuovere la partecipazione popolare non significa essere esonerati da una riflessione su quella materia e quindi sentirsi immediatamente pronti al giudizio, al contrario richiede attenzione ed apertura all’ascolto di almeno quanti la praticano come mestiere.

Come sopra. Nessuno più disponibile all’ascolto (mantenendo ovviamente libertà di critica) del fesso che sta scrivendo. 

Viceversa non vorrei che questa richiesta di “disponibilità” (dico in generale) nasconda il sussiego di chi richieda disponibilità agli altri e non ne abbia nessuna in proprio.

Ok, non sarebbe una novità. Ma abbasserebbe alquanto il livello del discorso, e immagino che qui tutti vogliamo volare alto.

Qui, caro Giambattista, NON stiamo discutendo di mera architettura, come cosa a sé e slegata dal contesto. Ma di Storia e di Identità profonda. Perciò chi lo fa come mestiere, se vogliamo metterla in questi termini, è proprio il sottoscritto.

L’architettura esprime un’identità (più o meno bene, anche a seconda del committente). A volte la svela. Ma non può sperare di costruirla né arrogarsi il diritto di decostruirla.

Sono certo che il 29, le qualificate figure istituzionali  comunali con i validissimi Tecnici del settore lavori pubblici e con essi i quattro architetti specialisti incaricati e magari anche lo scrivente, porteranno gli argomenti utili alla riflessione, oltre che alla comprensione del progetto; progetto denso e complesso tanto quanto lo spazio ed il tempo che caratterizza i luoghi.

Fatene una ripresa video e mettetela online, magari in streaming. Così che la Città possa apprezzarla o criticarla – sempre se vi sia spazio per questi banali esercizi da non addetti ai lavori della “materia”…;)

Trovo commuoventi le Tue parole significanti che in quella piazza “C’è la nostra anima, lì. Ci sono ancora le scie esistenziali dei nostri padri, e dei padri dei nostri padri.” ma il CANDORE di quell’anima trapassa un tempo molto più che gli ultimi 150 anni e la LUNGHEZZA di quella scia non inizia dal giorno in cui hanno dovuto realizzare un ovale pedonale per far passare le carrozze ed i cavalli intorno ad una torre che non c’è più e mai più ci sarà!

Certo che non inizia 150 anni fa. Ma tantomeno si può dire che finisce, 150 anni fa. Perché mai dovrebbe esserci questa interruzione di 150 anni? E poi su un periodo così pieno e denso di significato, di identità profonda, di partecipazione popolare?

Cosa vogliamo dire a chi verrà, che questi 150 anni erano solo un intermezzo? Una specie di break pubblicitario?

Non è una scia da guardare solo nella parte dell’epoca delle automobili, perché altrimenti non vedremmo quella dei padri dei nostri nonni, anch’essi con padri dei propri padri!

Ovvio. Ma ai padri dei padri non arriviamo più, se scaviamo un baratro lungo 150 anni nella nostra coscienza collettiva, sulla via che ripercorrendo il passato ci porta fino a loro, e anche oltre.

La Storia è un continuum. Non un gioco a dama o a salterello. Tutti i pezzi contano.

Bisogna semmai costruire ponti, non farli saltare. Portare alla luce, non nascondere. Valorizzare, non cancellare.

Questa è la filosofia da seguire.

Quanti di loro avranno cercato lì, quando l’ovale pedonale non c’era, “la giornata”, “il pane duro” per i figli”? Perché non dovremmo volgere lo sguardo alla dignità di quanti di loro sono anch’essi purtroppo stati i “disgraziati della Storia potevano inseguire e perseguire la speranza di sopravvivere ancora, di dare ancora nutrimento alla propria famiglia. Sopportare un presente ingrato in nome almeno di un domani.” …….solo perché non sono saliti su un “piedistallo” di qualche gradino? …. gradini che oggi, la Legge chiama “barriere architettoniche” e che dispone di  abbattere.

Mi prendo la libertà di tradurre il tuo “abbattere” in “rimuovere” che mi sembra più generale e appropriato al caso.

Ma il piedestallo NON sono i gradini: è la ROTONDA. Non è la sopraelevazione, di per sé, che fa la Cosa, né tantomeno la Storia. Sono le persone, le storie, le vite intrecciate, proprio come nel mosaico delle Danzatrici, anche se con abiti diversi; e che non si possono spezzare senza un sacrilegio di verità, di senso, di vivibilità e anche di estetica.

Perché l’estetica è il vestito del tempo, così come la Città ne è il corpo, e i Cittadini l’Anima. Nessuno di questi elementi si da ed è in pace con se stesso, senza gli altri.

E colgo l’occasione per rimarcare che, se dai vostri calcoli (rispettabilissimi) risulta che sia un’ellissi, per noi, per l’identità costruita e intrecciata nei secoli di questa Città, quella è la ROTONDA.

Non è una mera questione di termini. Non si tratta di geometria contro percezione empirica.
È un fatto di Storia, di Identità, di Vita comune.

Se dico a qualcuno “ci vediamo all’ellissi” mi ridono dietro. Se la chiamo Rotonda, capiscono tutti. E questo ha, e questo è, senso. Senso condiviso, e quindi più importante.

Possibile che questo significato così elementare e pregnante sfugga e si privilegi una mera trasposizione, come appare, di tendenze architettoniche del tutto avulse dal contesto, che come un corpo estraneo inevitabilmente le respingerà?

E quanto all’abbattere/rimuovere ostacoli per le disabilità, non mi risulta siano stati abbattuti i marciapiedi del Corso, per esempio, ben più alti in certi punti. È bastato fare delle idonee passerelle. Perché mai qui la soluzione, unica, già decisa e non criticabile, sarebbe “abbattere”?

In ogni caso a noi non interessano i gradini. Interessa la RO-TON-DA. Ripavimentata, rimessa a nuovo, evidenziata, resa brillante. Ma che ci sia. Aggiornata, ma non cancellata. Con tutti i suoi significati. Non solo storici e del passato, ma del presente e del futuro. Perché la Rotonda manterrà viva quella piazza. Il dedalo di rettangoli la ucciderà.

Il cerchio unico e grande accoglie, include. Protegge. 

I rettangoli piccoli e giustapposti separano, lacerano, dividono. Lasciano ognuno al suo destino. Questa è la semplice verità ancestrale che degli architetti certamente non ignorano.

Volete appianare tutto? Cacciare le auto? Mettere a livello? Ok. Non entro nel merito, pur avendo qualche perplessità. Diamola buona. Ma allora alzate il piano inferiore e pareggiate i gradini. Le soluzioni le troverete meglio voi, perché qui sì, conta il mestiere.

Ma la “filosofia” dell’intervento, concedimelo, deve essere condivisa con tutti, direi partorita socraticamente da tutti, attraverso un confronto vero e preliminare, non formale e a bocce richiuse; deve seguire parametri che hanno a che fare con l’Identità condivisa, ben oltre e ben prima di qualunque tecnicismo.

A quante vite e quante storie consumate prima quel “piedistallo” deve rapire l’anima?
E quanta memoria quel “piedistallo” può dimenticare?


Quel piedistallo non ruba proprio nulla. Al contrario, conserva, protegge, tramanda. È abbattendolo e cancellandolo che si ruba. E tanto. Si crea un vuoto incolmabile che nulla potrà riempire né sostituire.


L’Architettura della città è l’anima e la memoria tangibile della collettività, nel tempo.

Questo tempo, per la Città di Ruvo di Puglia è di oltre 28 secoli e questa piazza li ha TUTTI lì! uno sull’altro,  in poco più che tre metri e mezzo di terra e in una cavità centrale  più profonda!

Vedi che mi dai ragione? Alla buonora…;)

Perché, se la piazza ha tutti i suoi 28 secoli, mi spieghi in base a quale mai criterio gliene vuoi amputare uno e mezzo? Cos’è, il figlio illegittimo da nascondere? facciamo figli e figliastri anche qui? Suvvia. Da specialista della materia – visto che piacciono le qualifiche – lasciamelo dire ancora: la Storia è un UNICUM. Si capisce bene solo se è intera.
Altrimenti perché le dittature cominciano sempre bruciando i libri (e magari gli uomini) cioè i testimoni della Storia? Tagliando i ponti col passato e inventandosene uno di comodo?

Asfaltando quella rotonda (in senso figurato perché so che l’asfalto non lo usereste mai) a questa Città fareste anche peggio.


Se tu fossi nato qui sono sicurissimo che non ti sarebbe mai venuta in mente una cosa simile, con la tua sensibilità.


Mi meraviglio che questa cosa così orribile (absit iniuria verbis) sia comunque passata al tavolo tecnico, che rispetto e dove gli indigeni di certo non mancano.

Cos’è che dà “figurazione” alla memoria di questa piazza o delle altre della città,

ciò che è stato realizzato negli ultimi due secoli o tutto quanto nei 28 che già conosciamo?

Tutto. Senza alcuna eccezione. L’INTERO. Non parti più o meno smozzicate e abrase. La Storia della Città. E tutt’altro che secondariamente, la Storia dei Cittadini.

E’ una domanda dalla risposta non facile perché tocca si! il “core” di Ruvo di Puglia; core che è anche e specialmente la città della Traiana, e del Talos e della Tomba delle Danzatrici e della Tomba del Principe,….della Cattedrale e della sua Torre, del Castello, della Torre dell’orologio e di tutto quanto altro è stato costruito con misura e passione prima di quel “piedistallo” o “barriera” che si voglia chiamare.

La Tua Bella Città è di MEMORIA ANTICA, altrettanto degna insieme a quella MODERNA per essere la matita colorata con cui continuare a tracciare quella “scia esistenziale” che consegnerà il presente al suo futuro…almeno fino a quando potremo immaginare questa scia come una lunga variopinta fettuccia che passa di mano in mano.

La matita colorata può tracciare la scia solo se qualcuno non la interrompe. Altrimenti la scia si perde. La Storia, si perde. E con essa ogni senso.


Va benissimo riportare alla luce la Traiana e tutto il resto. Ma NON a costo di cancellare un altro pezzo di Storia, che non è meno importante solo perché è meno antico.


La Storia è il cemento di una comunità. Ciò che la tiene insieme nel tempo. Che la rende solida o debole, a seconda che sia conosciuta e rispettata, o nascosta e disprezzata.


Questa Città è stata distrutta almeno tre volte, a quanto se ne sa. Tra invasioni e terremoti. Ma almeno erano i nemici, o la natura.


Vogliamo sperare (e ce ne sono purtroppo tutti i presupposti, ben oltre Piazza Matteotti) che non sia distrutta una quarta volta. Ma stavolta per mano amica, e persino con soldi pubblici.


Sarebbe il colmo, non credi?

Con l’auspicio e l’augurio di un ampio e sereno confronto, saluto molto cordialmente

arch. Giambattista del Rosso

Ricambio. A disposizione. 🙂

mario albrizio


leggi l’articolo Attacco alla Rotonda e a Piazza Matteotti.


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