L’Uomo Solo al Comando




L'Uomo Solo al Comando



Ho appuntamento con Pasquale Chieco per le 18 di un caldo pomeriggio di inizio luglio.

Il sindaco però non c’è. È occupato all’Ufficio tecnico. Mi avvisa. Nessun problema. Attendo.

Dobbiamo parlare del progetto Ospedale Unico, un progetto di vitale importanza per la salute dell’intero territorio.

Chi vuole saperne di più si colleghi a questa pagina, ma mi raccomando: dopo aver letto l’articolo. 😊

Insomma Chieco è in ritardo. Approfitto per guardarmi intorno.



Dritto al Cuore

La prima sorpresa è un quadro gigante della Rotonda. Stile un po’ naif – ma una boccata di ossigeno, fresca, creativa e di buon augurio.


È stata donata nel maggio 2017, e noi di RL non c’entriamo nulla

Segno che era davvero il Cuore vivo della Città, e che chi l’ha brutalmente e vergognosamente distrutta non ha potuto ucciderla. Non potrà ucciderla mai. E quando la riavremo sarà il segno che la Città è rinata.

Il Comune a quest’ora è silenzioso, ma non vuoto.

L’assessore Filograno mi fa gli onori di casa. Cortesie, sorrisi e parole di circostanza. Sanno chi sono e non si sbottonano – suppongo. Abbiamo tutti nelle orecchie la formula perentoria di mille telefilm, “ciò che dici potrà essere usato contro di te“. 😏

L’addetto alla comunicazione Luca Basso descrive il nuovo clima con parole affaticate ma ammirate. Col nuovo sindaco si fila. È più faticoso ma più gratificante rispetto alla passata gestione.

Mi chiedo cosa potrebbe non esserlo…

Si meraviglia del ritardo. Probabilmente sarà rallentato dalla coda di gente che lo ferma per strada, ipotizza. Prima non succedeva. A lui piace”. Si sente quasi la maiuscola sul pronome…

Il dottor Moscara, segretario comunale, approfitta per spiegarmi il mistero del cartello dietro la sua porta, di cui abbiamo parlato anche noi oltre al popolo del social network.

Lo ha messo lui e dopo lo ha anche firmato, dice. Uno sfogo autoironico per la condizione di efficienza dell’ufficio. A vederlo di là dalla scrivania semisepolta da fascicoli in disordine, non gli si possono dare tutti i torti.

Però, un’altra volta, quegli sfoghi meglio farli su una porta digitale. Mandateli a noi magari. 

Se siamo un comune sgarrupato lo dobbiamo alle amministrazioni precedenti, l’ultima in primis. Non è il caso di appesantire il nostro immeritato fardello.



Baresi metropolitani

Curioso che, a parte il custode, a fare gli stakanovisti pomeridiani al Comune di Ruvo vi siano solo tre baresi.

E ne stiamo aspettando il quarto, secondo gli slogan avversari della campagna elettorale – l’oriundo e capo della casa.

Prima di venire ho pubblicato su RuvoLibera una proposta di buonsenso per invitare maggioranza e opposizione alla più stretta collaborazione per i prossimi due anni, portando a soluzione i due-tre problemi fondamentali (debito/espropri, Pug, rilancio) e differenziandosi su tutto il resto come è giusto che sia.

Ho già ricevuto qualche feedback da esponenti dell’opposizione e mi ripropongo, in coda al discorso sull’Ospedale, di saggiare l’umore dell’inquilino attuale di Palazzo Avitaia. Sicuramente non ha potuto ancora leggere l’articolo e quindi la sua reazione sarà genuina.

Nel frattempo rielaboro le reciproche critiche, dallo storico “zavorra” urlato dal sindaco all’opposizione fino all’autocentrismo da uomo solo al comando che gli viene da questa rimproverato in risposta.

Lo zelo felpato e il clima di attesa quasi messianica in cui si muovono i suoi collaboratori ha finalmente la sua ricompensa e l’Uomo Solo al Comando compare. Saluti e ci avviamo al suo ufficio.


La misura delle scarpe

L’Uomo Solo al Comando non ha neanche un climatizzatore. Solo un povero ventilatore a parlare al vento col caldo atroce che entra dalla finestra chiusa, completamente inondata dal sole che si avvia lentamente al tramonto.

Glielo faccio notare e ci scherza su: “E meno male che oggi si respira” . Con l’afa dei giorni scorsi, in effetti, dev’essere stato un bel ballare. Ringrazio tra me e me per l’ennesima volta che il destino (diciamo così) mi abbia evitato di finire al suo posto.

Ma non glielo dico.

Ho stima del suo lavoro anche se non sempre i risultati mi piacciono. A volte – come per i parcheggi – sembrano un manuale del suicidio politico. Ma si sa, e abbiamo spiegato, qual è l’origine di certe follìe.

Lui è arrivato, ha trovato le delibere già approvate e prova a dar loro attuazione. Tutto logico e lineare.

Nella sua buona fede, sono sicuro che non immagina neanche lontanamente di essere il dottor Jekyll di qualche abominevole e impresentabile signor/a Hyde.

Anche per questo bisogna stringersi attorno a quest’uomo e sostenerlo contro ostacoli interni ed esterni. Avrà i suoi difetti, come tutti noi – non parliamo poi dei miei.

Ma è un puro, un democratico, legalitario e tifoso della partecipazione. Se solo non fosse per qualche compagno che sicuramente gli starà già prendendo la misura delle scarpe…😏



Far pagare chi

Per questo agli amici che mi fermano per strada e mi chiedono perché “non parlo più” desidero rivolgere parole di rassicurazione.

Io parlo sempre quanto mi pare. E quando non parlo, vuol dire che non ho niente di importante da dire. 

Nessuno ha la bacchetta magica, come disse a suo tempo la buonanima di Ottombrini mentre si apprestava con la sua socia a sventrare Piazza, Storia, Identità e quel che restava della Democrazia cittadina.

Non ce l’ha Chieco. Non ce l’avrei avuta io. Si procede per prove ed errori e imparando dai successi e dagli insuccessi. Di diverso tra me e lui, c’è che io avrei saputo perfettamente dove andare a pescare le responsabilità e a chi farle pagare

Ma su questo, mai dire mai.




Parola d’ordine, Partecipare

Per il resto, tolte le pesanti e indigeribili cambiali che la precedente amministrazione gli ha illegittimamente lasciato in eredità (parcheggi, Pug e altre delizie approvate alla chetichella ben oltre il fischio finale di partita), Chieco è un ottimo sindaco che sta dando il massimo.

Pur nei limiti vincolanti di un mandato difficile, dove deve far convivere il nuovo e il vecchio dell’Amministrazione, che è come guidare tenendo contemporaneamente premuti il freno e l’acceleratore.

Nonostante queste premesse, direi che dopo un anno il rodaggio è finito, Chieco ha imposto il metodo partecipativo e da quello non si potrà prescindere. 

Anche per la sopravvenuta legge regionale sulla partecipazione – che impedisce recisamente che tutto si possa ridurre a fumo e operazione di facciata.

Ma la situazione rimane delicata.

C’è tra i suoi chi lo spinge allo scontro con l’opposizione e chi dall’altra parte non aspetta altro. Se ci cascasse e lo facesse rimarrebbe probabilmente stritolato.

La via giusta è precisamente l’opposta. Trovare un’intesa con l’opposizione sul/sui temi fondamentali, un’intesa pubblica e dichiarata, e su quella base tagliare definitivamente i ponti con passato e proiettare la Città verso un futuro migliore.

Dare la parola ai Cittadini e confrontarsi senza limiti né pregiudiziali, essendo disponibili a cambiare tutto se adeguatamente motivato – non è solo l’espediente tecnico per uscire dalle secche; è anche la via maestra attraverso cui soltanto la Città può ritrovare sé stessa e ridiventare padrona del suo destino.

La Partecipazione è la via della salvezza. Lo diciamo da un quarto di secolo e quando finalmente qualcuno non solo riafferma il principio ma prova a metterlo in pratica – dovremmo attaccarlo? Saremmo ben stupidi e, pur con i nostri mille difetti, qualche neurone che gira ce l’abbiamo ancora.

La questione non è affatto quella di una sterile alternanza di recinti ideologici strumentali e di interessi strumentalizzanti – come se passare da centrosinistra a centrodestra, o viceversa, cambiasse qualcosa. La Storia locale e generale è piena di testimonianze esattamente contrarie.

L’alternativa vera è tra governi capaci di creare consenso e sviluppo/benessere attraverso la partecipazione; e governicchi autorefrenziali, che il consenso lo comprano col debito pubblico, fatti di appartenenze e obbedienze a logiche oscure, appena appena temperate dalle leggi e dalla capacità coercitiva, spesso sbrindellata, degli organi preposti dello Stato.

Questa e non altra è la partita. Parlare ancora di destre e sinistre oggi è ancora più arcaico, surreale e fuorviante che disquisire di romani e cartaginesi, o di assiri e babilonesi…


Tanto pagano i soliti

Sui singoli punti a nostro avviso criticabili abbiamo parlato e scritto, e parleremo e scriveremo. La nostra pagina Facebook è lì per questo e ne è piena.

Ma per la qualità della persona e del metodo partecipativo, uno come Chieco ce lo teniamo stretto e bene farebbero a fare altrettanto tutti gli altri.

Specie quelli che gli fanno gli sgambetti. Che spesso sono gli stessi che hanno portato la Città al disastro, rendendo necessaria la venuta del candidato “esterno” per salvarsi il sederino, ma che ora scalpitano per tornare in sella.

Tenetevelo stretto e sotterrate l’ascia di guerra. 

Perché se Chieco cade e puta caso dovesse prenderne il posto qualcun altro, non solo taglierebbe in cinque minuti tutta la perniciosa zavorra approvata illegittimamente a tempo ampiamente scaduto – ma chiederebbe alla Magistratura di venire a prendervi casa per casa. Anzi conto per conto – corrente.

Perché questa storia che tanto pagano i soliti, che si può distruggere una Città e farla franca a un certo punto dovrà pur finire. I Cittadini si sveglieranno prima o poi…



Quale clima

Dicevamo, l’Uomo Solo al Comando non ha neanche un climatizzatore. La cupa stanza neoclassica di cui abbiamo già parlato mostra il suo essere cadente e ancor più deprimente. 

Affidiamo le più importanti decisioni della città e la quotidiana lotta contro avversari e fratelli-coltelli di partito a un uomo le cui condizioni di lavoro non importano a nessuno.

Racconta che durante l’ultima nevicata sono stati a un soffio dallo sgombrare Palazzo Avitaia per pericolo crollo del solaio. Uno scoop tenuto nascosto per non allarmare.

Lo credo che poi, se a quella poltrona finiscono persone meno mentalmente e culturalmente strutturate, ne può uscire l’apoteosi del delirio di autoreferenzialità extra legem se non contra – che ha completato il disastro cittadino fino al 2016.

Maggioranza e opposizione; serve uno sforzo straordinario e congiunto

Finito il lungo discorso sull’ospedale gli chiedo come vanno i rapporti con l’opposizione.

Il tasto dev’essere dolente perché la risposta è lunga, articolata e ricca di riferimenti precisi.

In sintesi, non è un grande amore, per così dire.

Ora, noi non facciamo i sensali e non vogliamo fomentare gli amori di chicchessia. Ribadiamo però che la situazione è di emergenza e che si può risolvere solo con uno sforzo straordinario e congiunto.

A nostro avviso maggioranza e opposizione hanno più cose in comune di quanto pensino. A partire dal comune destino.

Salvano insieme la città o insieme affondano e non c’è spazio per una terza soluzione.

L’idea di fare quattro anni di tiro al piccione sulle minuzie e sui reali o presunti autoritarismi è una prospettiva ben ristretta e sono sicuro che l’opposizione abbia mire più alte.

Dall’altra parte utilizzare la mera forza dei numeri della maggioranza, finché ci sarà, senza cercare un consenso trasversale, legalitario e pubblico sui problemi fondamentali della Città, significa cacciarsi in un vicolo cieco da dove sarà impossibile uscire.

In questo senso la “bella pagina” di un voto all’unanimità di cui parla il Sindaco mentre ci accingiamo a pubblicare questo post, è bene-augurante e speriamo non rimanga una pagina isolata, ma sia solo l’inizio.





Basta un punto

La nostra è una proposta semplice. Superare le reciproche diffidenze in nome del più generale interesse della Città. Lasciare nel passato le incomprensioni, le zavorre e gli uomini soli al comando – se mai lo sono stati. 

Maggioranza e opposizione trovino un accordo sui due-tre punti più strategici e fondamentali. Su quelli lavorino insieme, senza lasciare spiragli a disturbatori di alcun genere.

Alle brutte, basta un solo punto: accordarsi sugli espropri e tirare fuori una proposta equa che consenta di chiudere una volta per tutte la questione e far ripartire la Città.

La nostra proposta è sempre a disposizione. Adottata 5 anni fa, quando l’abbiamo resa pubblica, ci avrebbe portato da un pezzo fuori dalle secche. Era troppo avanzata per la scorsa amministrazione Fantozzi. Con Chieco non dovrebbe esserci problema. E se c’è, nessuno vieta di tirarne fuori una nuova. Purché si agisca e si risolva.

Maggioranza e opposizione si prendano i prossimi due anni e rimettano in sesto Ruvo.

Su tutto il resto si dividano e distinguano come meglio ritengono, ma sul punto fondamentale della salvezza della Città parlino con una voce sola.

Solo così, tra quattro anni, potranno ripresentarsi agli elettori come chi ha raddrizzato Ruvo, e non come chi ha assistito litigando al suo definitivo sprofondare. E fa una bella differenza…

D’altra parte, tutto questo era già scritto nel protocollo di intenti comune, Ruvo Terzo Millennio, firmato da quasi tutti i candidati sindaco alle scorse elezioni.

Ora è il momento di trasformare in fatti le buone intenzioni e di proiettare finalmente la Città verso il futuro che merita.

L’acqua nel deserto e il Tesoro Nascosto

Si è fatto tardi, anche se fuori è giorno. Tutti sono passati a salutare e sono andati via.

Siamo soli io e il sindaco. Oltre le 20.00.

Prende la sua bottiglietta vuota e mi accompagna.

Le ultime chiacchiere, quelle di solito più informali, e perciò in un certo senso più importanti.

Apre il portone chiuso dall’interno e andiamo a riempire la bottiglietta alla orribile fontanina (ma dall’ottima acqua fresca) che trova chi attraversi il devastante deserto della Piazza, la realizzazione concreta di quel Vuoto che a parole si voleva evitare.

Rifiuta cortesemente il mio invito a prendere un caffè.

Deve tornare su. A lavorare. Da solo. Non c’è momento migliore per concentrarsi, dice. Lo fa sempre.

Non gli pesa quella solitudine? Non gli pesa. Ma rimpiange uno staff tecnico come si deve, come aveva un tempo, quando dirigeva una partecipata regionale – una squadra di giovani e meno giovani smanettoni competenti che possano essere le sue braccia operative. Sta provando, dice, a vedere se ci sono le possibilità e risorse per farne una.

Mi pare una dolce utopia. Ma mi guardo bene. Le utopie servono a vivere, e ad andare avanti – fino a quando magari non si realizzano. 

La camicia blu notte nel sole che ancora sfavilla, la pancetta dove noi che siamo giovani dentro nascondiamo tutta la nostra esperienza…😜, la grande conquista della bottiglietta piena e qualche goccia sulla barba corta e sempre ben tenuta (contrariamente alla mia) mentre si stacca dalla fontana.

E quel retro-sguardo che altre volte gli ho visto ma solo da quando è sindaco. Lo sfavillare di un attimo dietro lo sguardo serio e magari preoccupato per altre cose.  

Il balenìo del bambino che si ritrova nel negozio di caramelle, a sorpresa e senza ancora essersi ripreso dalla meraviglia. Anche ora che ha visto e provato quanto amministrare il negozio sia cosa faticosa e complicata.

Un ruolo che gli piace e che non ha alcuna intenzione di lasciare. Non c’è bisogno che lo dica. Lo ha scritto negli occhi.

Sente l’importanza dell’impresa e non vuole esserle da meno.

La buona notizia è che, a differenza di tanti altri bambinoni mai cresciuti che affollano a volte ridicolmente quando non ignominiosamente le stanze del così detto potere – lui è cresciuto abbastanza da sapere che le caramelle sono molto più buone se si distribuiscono a tutti equamente. 

Così si evitano diabete e tante malattie conseguenti alle abbuffate e alle lotte per potersi abbuffare.

E si distribuisce quel poco che possiamo di umana felicità, cioè di equità e di giustizia. Che è poi l’unico modo per soddisfare anche il nostro ben più raffinato palato interiore.

Almeno così penso mentre ripercorro a ritroso la sempre più orribile e desolante spianata sotto la quale da tremila anni un tesoro inestimabile aspetta che passi la lunga epoca dei barbari, e arrivi chi lo sa cogliere.

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