UNA MOSSA DA CANCELLARE

Il caso del dipendente comunale che osa criticare i risultati della pubblica amministrazione e che perciò viene punito e sanzionato – forse per dare l’esempio – è un caso emblematico dell’attuale situazione di impasse della politica cittadina.

Il fatto risale alla nevicata di inizio anno: il dipendente critica – come tanti, compreso chi scrive – l’efficienza della macchina pubblica nella gestione dell’ennesima “emergenza”. Ma solo lui viene sanzionato, in ragione della qualifica di dipendente comunale. 


Come se la pubblica amministrazione fosse il feudo di chi la occupa temporaneamente e non lo strumento principe per perseguire il benessere dei Cittadini, a partire appunto da un’accettabile efficienza dei servizi pubblici

Le critiche del dipendente all’efficienza dell’azione della macchina pubblica amministrativa sono state sempre di tipo obiettivo e mai personale o di bottega anche perché appunto il dipendente si riconosceva formalmente nella stessa area politica della maggioranza.

Ma c’è di più. Dovendo “spiegare” la sanzione, l’assessore al ramo ha fatto notare che la sanzione stessa poteva essere molto più grave e che era stata ridotta in ragione del fatto che il dipendente aveva riconosciuto l’errore e chiesto scusa.

Insomma, “potevamo essere più cattivi”. Il dipendente dica grazie. Una specie di pubblica gogna che si aggiunge alla sanzione stessa e la moltiplica.


Ora non entriamo nell’aspetto del diritto – per il quale però così ad occhio mi pare che la necessità di autotutela dell’amministrazione (che però mai e poi mai può essere messa sul piano di un’azienda privata) e la libertà di pensiero, di espressione di critica garantite dalla Costituzione confliggano apertamente. 


E quando c’è conflitto tra una qualunque legge ordinaria e la Costituzione tutti sanno quale prevalga.

Il che è tanto più ovvio in quanto le critiche del dipendente, essendo volte a sottolineare l’esigenza di una migliore qualità dell’azione pubblica – sono esse stesse critiche funzionali al miglioramento della prestazione pubblica e quindi in generale sono da considerarsi di interesse pubblico.

Sarebbe giuridicamente controproducente assimilare brutalmente un’azienda privata all’azienda pubblica per eccellenza che è il Comune, il cui fine non è il profitto o preservare gli interessi o i segreti aziendali ma garantire il miglior livello possibile di benessere all’intera comunità.


Questo sul piano giuridico e di buon senso.



Ma ancora nulla rispetto al disastro sul piano politico.

Con un atto che (indipendentemente dal suo spessore amministrativo) appare piattamente persecutorio e restrittivo della libertà di critica civile, si causa un vero disastro politico e si riesce con un unico provvedimento a:

1. apparire padronali e punitivi verso chi critica anziché impiegare quella energia a risolvere i problemi che avevano suscitato quelle critiche;

2. far compattare un’opposizione litigiosa su tutto, cui hanno regalato un’insperata bandiera di nobile causa da difendere;

3. spinto il dipendente onesto ma macchiato da libero pensiero nelle braccia della parte più disastrosa dell’opposizione – che non a caso continua a martellare sul tema;

4. riacceso i fuochi dell’antico amore tra la parte retrograda e complice della maggioranza con quella omologa della minoranza, già scandalosamente affratellate nell’amministrazione precedente – con gli inevitabili contraccolpi sulla tenuta di questa, maggioranza.

E tutto questo, mentre gli appetiti sul Pug salgono a dismisura in ragione dello stop imposto dal Sindaco per vederci chiaro.

Insomma una maggioranza spaccata tra vecchi tromboni e nuovi inesperti in cerca di spartito; e una minoranza frantumata che diventa opposizione grazie a un disastro politico senza precedenti.

Decisamente, una mossa da cancellare.





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