CORATO OSA BUKOWSKY



Superato l’impatto spiazzante tra le grandi promesse dell’esterno del Teatro comunale e l’interno, dove è ben visibile la trance dei progettisti, evidentemente indecisi tra un teatro, un cinema d’antan e l’interno di un condominio ristrutturato con tanto di accesso ai garage – superato lo spiazzamento e ripresisi un po’ dal freddo tagliente di una serata gelida, si apprezza intanto l’organizzazione e la sostanziale puntualità del sipario.

Teatro gremito e attento.


D’altra parte può essere che il mio giudizio sia viziato dall’aver frequentato il Petruzzelli di una volta e la Scala, tra gli altri. Tutta un’altra magia. E come al solito mi chiedo perché noi no. Ma neanche il tempo di rispondermi o cercare una risposta che ecco la scena.

La serata è dedicata alla beneficenza in favore dell’Avis, ma senza strombazzamenti come avviene altrove. Chi vuole sapere sa, e non è necessario ridurre cose serie a mercato delle vacche o ad autoesaltazione.

bukowsky ok
DON’T TRY – (IL MIO HANK)
Libero adattamento di testi di Charles Bukowski
a cura di Federico Lotito

Con: Zaccaria Gallo, Federico Lotito,
Mariella Sivo, Alberto Tarantini

Suoni, luci, immagini ed effetti speciali: Nico Calvi

Lo spettacolo è molto carico e denso.


Il successo più grande, per altro, è già nell’averlo proposto. Corato osa. 

Buk è infatti un autore difficile, quasi proibitivo alle nostre latitudini, dove le grandi scelte nei decenni non hanno certo avuto come primo punto la crescita culturale. 

Buk è un autore difficile. Difficile romanzarlo senza sfiorare un livello di disperazione, di eruzione umana che facilmente sarebbe scambiato col porno e col turpiloquio dal pubblico meno avvezzo.

E il rischio è grande per chiunque, sul difficile crinale tra l’autocensura preventiva e il cedimento allo sboccato fine a sé stesso.

Don’t try è piuttosto un intreccio di testi, sempre significativi e tosti, ma non certo i più scandalosi che si potevano scegliere nel repertorio quasi sterminato del grande dissacratore.

Testi intrecciati da tre versioni dell’autore, giovane, media età e piena maturità. 

Lo spettacolo scorre con grande pathos – a volte con qualche lentezza. Sapiente gioco di luci e sfondo forse troppo piccolo ad evocare atmosfere metropolitane, scorribande ai margini delle sterminate avenues losangeliane, sottolineate al vivo dal sax.

Grande passione da parte di tutti. 

Sovraccarica e gestuale la recitazione del “giovane” Tarantini, nella vita ginecologo; emotiva quella del regista Lotito, al secolo impiegato comunale e ciononostante ancora creativamente vivo; perfetta quella di Zaccaria Gallo, nella vita medico chirurgo (e poeta, come gli altri due): il giusto mix tra forza delle parole e distacco dell’espressione, tra personaggio e autore di sé stesso. Tra Bukowsky e Chinasky.


Tutta la parte femminile pesa invece sulle dotate spalle di Mariella Sivo, anche lei medico nella vita reale, perfettamente a suo agio nei panni della “donna” bukowskiana, da Chéss (lo scrivo così per sottolineare la curiosa assonanza della pronuncia col dialetto coratino) a Linda, dalla figura tragica alla farfallona, dal nero al rosso svolazzante, jeans attillati e scollatura generosa.

La vediamo sopra in un fuori palco, una foto durante le prove in camerino. “Solo un’illusione ottica“, si schermisce lei. Ma in fondo si vive anche di illusioni. 😉

Il bilancio alla fine è estremamente positivo, o almeno può esserlo se visto in prospettiva.

Corato osa. E vince. Sperando che questa apertura diventi modello e che questo sia solo l’inizio.

Che aiuti questo territorio e le sue molte energie a smetterla di pensarsi periferia e a riscoprire e rimettere al centro la propria identità migliore.


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