UNA SERATA TRA LE STELLE



Una serata magnifica, ricchissima di contenuti, di pathos, di partecipazione.

Pasquale Chieco arriva in perfetto orario, visibilmente teso e concentrato al di là della ovvia cordialità. 


Per lui non è stato facile. Ha subito pressioni anche nella sua maggioranza per “non esporsi” in questo confronto. Voci in tal senso si sono rincorse per tutta la giornata (confermate dalle nostre fonti). Ma chi lo conosce sa che non è tipo da farsi tirare per la giacchetta.

E venire lì, nella fossa dei leoni, è stato non solo un apprezzabile atto di coraggio, e quindi di forza; ma è stata soprattutto una scelta politicamente intelligente.


La presa d’atto che questo referendum che sta spaccando il Paese, la Sinistra e anche il Pd, la sua maggioranza e il suo partito, è un problema che va affrontato di petto, e che far finta che il problema non ci sia, non lo elimina, ma lo aggrava.

D’altra parte, è proprio fingendo che i problemi non ci siano, o negandoli, o fidando nell’andreottiano “tutto s’aggiusta da solo”, che il Paese e la Città sono stati portati al disastro.

Ora l’unico modo per riprendere a navigare è cambiare metodo. Che non vuol dire cambiare Costituzione. Non necessariamente e comunque non in questi termini e con queste modalità.

È la posizione di Antonio Stragapede, campione insuperabile della posizione del No e quindi del mantenimento della Costituzione attuale, peraltro già ampiamente modificata (snaturata?) a più riprese nei decenni scorsi.

I due non si risparmiano colpi. Sempre tosti, sul pezzo, a volte accesi e con qualche salutare frizione che giova al diapason dialettico. Tra “innamorati” della stessa donna, la Costituzione, come dire? “ci sta”.


Una tribuna troppo piccola

Peccato, davvero un peccato, che un simile confronto, eticamente alto, dialetticamente avvincente quanto appassionato, che tiene gli astanti appesi a ogni parola, sia relegato a una (per quanto splendida) Città di provincia, mentre la ribalta nazionale sforna continui confronti soporiferi o astrusi o del tutto improbabili. Chissà se involontariamente.

A questo cercherà di porre rimedio la Fondazione, il core project dell’Associazione Culturale “partecipare” di cui parleremo prossimamente.

Intanto la gente affluisce senza sosta. L’amico che venti minuti prima, prima dell’orario di inizio, di fronte alla sala vuota aveva esclamato “ecco: la dimostrazione che del referendum non frega niente a nessuno“, si guarda intorno piacevolmente sorpreso.

Io, nel mio piccolo, acquisisco e metto all’incasso la mia eterna convinzione che la gente c’è – sono semmai le proposte, spesso, poco interessanti.

Mi sono preso mille volte dell’idealista – come se fosse un’offesa – se non proprio dell’illuso (digiamolo..:), per questa convinzione. Oggi riscuoto i miei tre secondi di silenziosa soddisfazione prima di concludere la mia breve introduzione e andare oltre.

Perché la sala conferenze ora è strapiena e gente in piedi.


Innamorati a confronto 

“Questa riforma è eversiva”, esordisce Stragapede; Chieco non ci sta e subito fa scattare i flap del decollo. Il confronto non è neanche iniziato che già vola. (Il resto, nel video – stasera o domattina, non appena sua maestà YouTube smetterà di dare problemi…). 

Una serata tra le stelle. Davvero. Non lo stellume mediatico né l’usuale paccottiglia televisiva, ma per una volta le stelle vere, quelle del firmamento disegnato 70 anni fa dalla nostra Costituzione, frutto di una temperie postbellica epocale  e del lavoro delle più grandi menti politiche di un tempo in cui la Politica aveva la maiuscola ed era Im-por-tan-te. La leva per costruire un futuro migliore.

Oggi è ugualmente importante, ma solo per costruire carriere ed elevare mediocrità a sogli ieri impensabili.

Una Costituzione ampia, profonda, lungimirante. Democratica. Inclusiva. La medicina perfetta per un paese diviso e dilaniato, allora persino più di oggi.

Ciononostante, una Costituzione che ha avuto subito contro poteri forti interni ed esterni, che hanno provato di tutto, stragi comprese, per farla saltare insieme ai suoi uomini migliori, che l’avevano presa sul serio e hanno provato, a costo della vita, a realizzarla.

Moro in primis, ma l’elenco è lungo. Perché di quella Costituzione è facile innamorarsi. 


Una Costituzione libera e inclusiva

Come innamorati se ne sono detti i due straordinari relatori, Pasquale Chieco e Antonio Stragapede, che hanno portato il confronto a livelli di autenticità, anche a volte di frizione, di coinvolgimento, ben al di sopra del livello medio-mediatico dei dibattiti cui siamo abituati.

Una Costituzione Libera, pensata per i Cittadini e che guarda al futuro, in un Paese fatto a pezzi dalla guerra.

Che include, che pone e si pone obiettivi ambiziosi (“fondata sul Lavoro“! un’impresa solo scriverlo; “un programma di lotte“, la definì Calamandrei), che stimola, incoraggia, comprende, rilancia. Come una buona madre di famiglia. La madre di tutti i cittadini.

La Costituzione di un paese sovrano e libero, calata dall’alto di grandi intelligenze democratiche in un Paese reale non più libero, sconvolto, occupato militarmente, sconfitto e disfatto in brandelli l’un contro l’altro armati.

Una Costituzione ambiziosa in un paese alla fame. Una Costituzione maestosa, quasi imperiale – se per impero si intende l’impero dello spirito che tramortito dalla guerra si risveglia e prova a ridisegnare i suoi orizzonti – la Costituzione di chi si sente in grado di plasmare il suo futuro, in un Paese il cui destino è ormai di colonia, al massimo di Paese a sovranità limitata, come si è stabilito a Yalta nel 1944.

Il sogno di una convention di idealisti – come fosse un’offesa – magari di illusi; o un Progetto ancora da realizzare, e per cui vale la pena lottare?

Questa Costituzione è figlia del nostro dramma più grande. E come spesso accade, dal dramma più nero nascono i gioielli più splendidi.

Così è stato settant’anni fa.

Nei primi trent’anni la Costituzione nella sua forma originaria ha guidato, pur costantemente sotto attacco, la prodigiosa rinascita italiana, dalla miseria allo status di potenza industriale ed economica mondiale.

Fino a quando, nel 1978, con la tragica morte di Moro, è stata decapitata e terrorizzata (cioè, secondo altre prospettive, “ricondotta all’ordine“) quella parte della classe dirigente italiana che aveva impostato linee politiche autonome, del tutto Costituzionali, realistiche, razionali e perfettamente nell’interesse del Paese, ma evidentemente non in quello dei vincitori della guerra e dei loro potenti addentellati locali.

Da allora, da quel devastante 1978, la Costituzione e l’intero assetto democratico non hanno smesso di essere sotto attacco.

Da allora, come dice il mio amico giornalista e storico Giovanni Fasanella, il Paese non ha fatto che precipitare e ancora precipita.

Andremo a sbattere contro il suolo o riusciremo ad aprire un paracadute?

Il futuro lo dirà.

Noi, per parte nostra, non abbiamo fatto altro che esercitare il nostro diritto alla Sovranità, che la Costituzione ci assegna all’art. 1, nel modo più alto e nobile in cui questa sovranità può essere esercitata. Attraverso la Partecipazione.


Non solo i relatori e i moderatori, ma un’intera sala colma di gente e di vivo interesse. Il cuore simbolico di una Città ben viva sotto la cenere delle apparenze. La garanzia migliore che, comunque vada, chiunque vinca e a dispetto di ogni previsione, il popolo c’è, e a quella sovranità non intende rinunciare.


Non è neanche necessario essere esperti costituzionalisti.

Basta ricordarsi dell’articolo 1, il più ambizioso è importante. Basta ricordarsi chi siamo, noi, il popolo. Il resto verrà da sé.


Costituzione della Repubblica Italiana – Articolo 1

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.



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