APPELLO AL VOTO – PER UN CAMBIAMENTO DEMOCRATICO

#SalviamoRuvo #RuvoMeritaDiMeglio

Cinque anni dopo, sempre attualissimo. La Storia non ci ha insegnato nulla.



Vorrei rivolgere un appello ai ruvesi, con umiltà, non reputandomi una personalità del mondo intellettuale o politico né un vate o un capopopolo (cosa che non vorrei mai essere). A malapena indago e mi interrogo, con timore e tremore, sulle vicende umane, sulle antiche e nuove domande che un mondo in pieno fermento sottopone alla coscienza ed alla intelligenza di ogni persona, a Ruvo di Puglia come a Nairobi.
Prima di divenire globali eravamo umani, e le ansie, le aspirazioni dell’umanità sono identiche a tutte le latitudini. I mari e gli oceani, come la catene montuose, non hanno mai allontanato noi dai nostri simili, se non quando l’amore per gli altri, la tolleranza e l’accoglienza hanno lasciato il posto a conati di barbarie e al soffio gelido della morte, alla violenza, che si tratti di violenza morale o fisica o psicologica poco importa.
Noi siamo quindi uniti da vincoli spirituali ed invisibili ma assai reali e concreti, per cui quanto accade alle donne dell’Afghanistan non può lasciarmi indifferente, mi riguarda e mi interpella direttamente e personalmente. Ogni atto di violenza e di sopraffazione; ogni sopruso e mancanza di rispetto per la coscienza e la vita altrui, nel pormi dinanzi al mistero del male, mi inducono a lottare perché le donne e gli uomini siano lasciati liberi di essere e di esistere, venendo in soccorso di coloro che soffrono perché o sono meno o hanno meno.
Il male è il deserto della solitudine e dell’isolamento; l’inferno è il gelo delle relazioni umane, interrotte dal cuneo del più forte e superbo che si rifiuta di farsi prossimo ed amico. Il male consiste nell’utilizzo dell’altro, nella manipolazione della sua coscienza, in quella scaltrezza che ne fa una protesi in vista del conseguimento di più potere, di più ambizione, di più cinismo. 
L’altro come ascensore, come scalino, come carrucola. Per il potere, quel potente afrodisiaco che se garantisce erezioni dell’ego, dopo lascia tramortiti e sfatti. Per questo qualcuno ha sentenziato che non vi è solitudine più profonda, vuoto più incolmabile, di quello di chi, avendo gestito il potere, lo ha poi perso. E se questi fosse sul punto di perderlo irrimediabilmente, passerebbe pure sul corpo di sua madre perché esso non lo abbandoni come una donna a lungo e troppo amata che si è innamorata di un altro.
Anche nella nostra cittadina di 26000 anime abbiamo assistito, con un misto di indignazione e stupore, alla campagna elettorale di un uomo che, per regolare i conti con i suoi ex amici e dimostrarsi più forte di loro, per una sorta di virilità politica, ha utilizzato lo stravecchio armamentario dell’antipolitica, il cui volto è disumano: la violenza sotto forma di intimidazione, di minaccia di ritorsioni. 
Allusioni ad inevitabili sanzioni, soperchierie trasversali, voci flautate di sirene o sibili di serpenti, incursioni di bravi di manzoniana memoria hanno fatto da contorno ad una campagna elettorale che ha mostrato tutti i limiti di un uomo che, nel 2011, nel terzo millennio dopo la venuta del Cristo, ritiene di essere il motore dell’universo, che tutto ruoti intono a lui, una stella che non brilla.

Egli non ha ancora realizzato di essere – come tutti gli esseri umani – una canna al vento. Cosa resterà, da qui a cent’anni, della vicenda di quest’uomo? Ai posteri l’ardua sentenza, sebbene oggi, dando uno sguardo alle macerie morali ed umane che ha disseminato lungo il suo cammino, sia dell’avviso che la memoria di lui transiterà d’un fiato nell’oblio. 

Perché un uomo viene ricordato, la sua fama si tramanda ai posteri, se egli ha usato carità e amore, elevando i poveri al rango di re, facendo del potere la tavola imbandita per gli ultimi e gli emarginati, servendo i commensali, non servendosi di loro. Quest’uomo verrà ricordato per il bene che ha fatto. Altri no: i suoi modi di fare – che sono la cartina di tornasole d’un modo di essere e di sentire – saranno le parole di uno sterile epitaffio, prima politico e poi umano o viceversa. 

Come diceva don Tonino Bello, “chi non vive per servire, non serve per vivere”. Grande, don Tonino, nella sua umiltà e nella sua immensa capacità di amare. Un esempio da seguire, che si creda o no in Dio.

Costui ha importato dal mondo metodi che appartengono al passato remoto, comprati al mercato dell’usato della storia per pochi spiccioli. Residui di guerre, ritagli di tattiche dei servizi segreti, rimasugli di tecniche di intimidazione. 

Ha introdotto nel tessuto sano della società ruvese quanto di più vecchio, rozzo ed odioso ci sia stato e ci sia sotto il sole, nel mentre una ventata di primavera sta spazzando via in queste ore gli ultimi regimi totalitari. Un vento di libertà e di giustizia scuote il mondo, agita le chiome degli alberi della vita; nuovi scenari e possibilità si aprono; germogli di pace continuano a sbocciare contro ogni speranza, vincendo le resistenze di terreni aridi ed incrostati, ma il nostro uomo è fermo e si muove con la sfrontatezza ed il passo d’oca di un feudatario. 

Solo che Ruvo non è un feudo e mi auguro che non lo diventi. Sarebbe una sconfitta per tutti, anche per coloro che rientrerebbero nelle grazie del signore di turno. Perché il signore premia e punisce a suo piacimento, e pretende gratitudine vita natural durante, anzi di padre in figlio. Una schiavitù anche per i suoi sodali.

È giunto quindi il momento che gli uomini e le donne liberi e forti di Ruvo si liberino di forme di esercizio abusive del potere, di forme di potere che tendono a rattrappire il libero gioco democratico, anzi a farne carne da macello. 
Condizione necessaria perché un paese cresca, è restituire dignità e valore ad ogni uomo e donna
In questo senso, ritengo che tutte le forze politiche che sono uscite sconfitte al primo turno, alle quali va tutto il mio rispetto ed apprezzamento, debbano convergere sul candidato che contribuisca a riportare il confronto politico fra diversi nell’alveo democratico, recidendo i legami con quanto vi si oppone. 
Il cronoprogramma dei democratici di destra e di sinistra, delle donne, degli uomini, dei giovani liberi e forti, dice che è scaduto il tempo di chi vorrebbe fermare il tempo.
Auguri a tutti di un voto sereno e libero da condizionamenti. E che sappia di futuro. 
                                                                                                                             Salvatore Bernocco