Cosimo Schinaia approva per primo i Cinque Punti del manifesto per la Ruvo nel Terzo Millennio.
E dal momento che fino al 5 maggio siamo tutti candidati in pectore e nessuno lo è per così dire definitivamente, lasciatemi un po’ parlare, non quindi come concorrente ma come cittadino, osservatore e appassionato di Politica, anche di questo distinto signore eclissatosi per trent’anni a Roma e ora tornato, colonnello in pensione, a offrirsi come guida per la Città.
Cosimo Schinaia è un affabulatore nato, un “logorroico” come si autodefinisce, amante della parola e del calcolo politico. Di quel calcolo che è prospettiva, e quindi ricerca, all’interno di quella prospettiva, di quel trend – della posizione migliore per combattere.
Che è poi quello che fa un buon militare. E lui, ufficiale dei Granatieri di Sardegna, evidentemente ne ha la forma mentis.
E che altro è una campagna elettorale se non l’equivalente pacifico di una campagna militare? La sua, per dirla in termini attuali, virtualizzazione?
Ma una virtualizzazione che poi ha effetti concreti sul vivere associato di tutti i Cittadini – quale che sia stato il loro schieramento in campagna elettorale e anche (o peggio) se non ne hanno avuto alcuno, magari astenendosi e cioè consegnando il proprio futuro ai più famelici.
Anch’io, da amante della pace (nei limiti del possibile) ho l’animo militare, come mi dice mia moglie per il fatto che tendo a mettere sempre gli stessi abiti “come una divisa“.
E ai miei studenti dico sempre di tenersi all’erta perché siamo sempre in guerra contro un nemico terribile. L’ignoranza. Il padre e la madre di tutti i nostri guai.
Sarà anche per questo, quindi, per il comune animo “militare”, che c’è feeling con quest’uomo capitato all’ultimo momento nell’agone che aveva lasciato tanto tempo fa, dopo una lunga militanza classica nella destra sociale, MSI (“stavo con Rauti”) fino al niet per la confluenza in AN.
Oggi rieccolo qui. Non rinnega il suo passato né le sue idee. Ma non ci sta a farsi ingabbiare in una definizione di recinto e rifiuta di essere collocato “a destra”. Probabilmente perché, a differenza di tanti che ne sproloquiano a vanvera, ne conosce bene il significato.
E ne sa calcolare il potere paralizzante, in un momento in cui le etichette di partito come gradimento civile sono sotto le suole delle scarpe.
Si presenta perciò come un outsider libero, una sorta di freelancer che propone la sua ricetta al popolo (da qui, “azione popolare“).
Sarebbe stato un ottimo candidato di bandiera per un centrodestra unitario – penso mentre ascolto la sua dialettica torrenziale.
E avrebbe conferito a questo centrodestra diviso e litigioso ciò che soprattutto gli manca: un’immagine di serietà.
Invece eccoli lì ad accapigliarsi, gli ignavi inciucisti pronti e proni a ogni compromesso spartitorio da un lato; e dall’altro i pavidi portatori di istanze inconfessabili e candidature nascoste: tanto deboli erano le forze, o le intenzioni, o le capacità.
Il risultato – uno dei tanti “capolavori” di ben riconoscibili e impresentabili regie, costrette infatti a nascondersi dietro prestanome – è un centrodestra frantumato che va allegramente al massacro. E che, al di là della facciata, dà già pesanti segni di smottamento verso le candidature che appaiono più papabili secondo i vecchi schemi obsoleti.
Ma non è che la lotta del secolo scorso, nelle sue ultime propaggini malinconiche e crepuscolari.
Cresce infatti tra i Cittadini la consapevolezza della necessità di una svolta radicale, che superi non solo la stanca dialettica di partiti e schieramenti che nascondono troppo spesso un’unica mangiatoia; ma che soprattutto apra a forme nuove di rappresentanza democratica reale.
Business as usual. Mentre gli stati maggiori di partiti e partitini preparano la guerra sulle mappe della guerra scorsa, qualcuno da qualche parte sta già mettendo a punto l’impensabile strategia e l’imprevedibile arma finale.
Per questo Cosimo Schinaia ha quel gusto agrodolce delle occasioni perdute. La proposta seria di destra sociale arrivata quando il gioco è ormai all’arraffo, a chi si prende l’ultimo pezzo di argenteria nella nave che affonda, come dimostra la scandalosa approvazione del Pug.
Un peccato, davvero. Schinaia avrebbe costruito una Destra Seria. E ne sarà ancora il riferimento nelle urne – mentre fuori il gioco è a chi organizza la tavolata più lunga.
Plasticamente, la destra non riconosce più il suo leader. Il leader logorroico e disincantato non ne usa più la parola, un tempo così cara.
La candidatura di questo gentiluomo d’altri tempi, lasciato solo da quello che in altra epoca sarebbe stato naturalmente il suo esercito elettorale, è lo specchio dei tempi e sta a dimostrare che i vecchi legami non ci sono più, che un quadro strategico è venuto meno, che un’epoca è morta.
Si tratta ora di iniziare l’epoca nuova.
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