Il Diploma di Angelo e il suo Messaggio. Oltre il Valico




Il 22 gennaio scorso è stata consegnato alla famiglia il Diploma di maturità di Angelo Cesareo.

Lo sfortunato ragazzo ruvese morto in un incidente stradale nell’aprile 2015 aveva quasi ultimato con merito un percorso scolastico duro e difficile.

Mancava ormai solo l’atto formale dell’esame, che il ragazzo avrebbe svolto qualche mese dopo, certamente con profitto. 

Nessun regalo, quindi. Ma semplicemente il giusto riconoscimento di un percorso svolto con merito. Anzi credo che in questi casi dovrebbe essere un processo automatico – dice il suo ex preside Biagio Pellegrini, cui è venuta l’idea

Un’idea subito e tenacemente fatta propria dalla famiglia; cui ha fatto da sponda la collaborazione delle autorità scolastiche preposte, con in prima fila il Preside Luigi Melpignano dell’Itis Ferraris di Molfetta, di cui Angelo era attualmente alunno dell’ultimo anno dopo aver fatto il salto dal biennio al Liceo “Tedone” di Ruvo e superato con grande determinazione gli ostacoli di quel passaggio delicato e impegnativo.

Il ragazzo infatti dopo il biennio aveva optato per un diploma più spendibile sul mercato del lavoro. Il destino ha deciso diversamente.

Toccante e non formale la cerimonia, favorita dalla grande disponibilità del personale dell’Itis, e da alunni in religioso silenzio.

Un’atmosfera conciliativa che però non è bastata a contenere la mamma di Angelo, che con voce spezzata ma grande forza di volontà ha parlato del suo ragazzo, della sua voglia di arrivare a quel diploma che la famiglia “ha preteso” ma che Angelo non vedrà con i suoi occhi“; della sua sensibilità, della sua passione per la scrittura di testi di canzoni rap, come quello, tragicamente profetico, che parla di andare “oltre il valico“.

Spinta dal dolore a travolgere ogni barriera cerimoniale, Rosanna Cesareo ha superato a sua volta il valico delle convenzioni, delle opportunità, delle convenienze, e si è lanciata in un duro j’accuse rivolto ad alcuni studenti senza nome, responsabili a quanto pare di atti di bullismo anche ai danni di Angelo.

Quella mattina – è la voce che viaggia nei corridoi – Angelo aveva accettato il passaggio in auto anche per sfuggire al solito sfottò dell’autobus.

Probabilmente è la stessa “voce” che agita quella donna piccola e irriducibile che sfonda il muro di ogni convenzionalismo, che sfida i “cosiddetti amici di Angelo” a farsi avanti, a giustificare il proprio comportamento. Silenzio in sala. Sguardi interdetti da parte di tutti gli astanti, compreso chi scrive – travolti dal suo sacro furore e inchiodati al primo pensiero, che forse “non era il caso, non era il momento, non era il luogo”.

Ma, a mente fredda, e con la sola riserva della verità (perché si spera sempre che certe ipotesi non siano vere), non si può non riconoscere a una madre che ha perso il figlio, e per di più in un modo che deve forse apparirle evitabile – il diritto di sfondare ogni muro di “creanza” e lanciare il suo grido disperato.

Se quella “voce” fosse vera, ne avrebbe ragione da vendere.

Mia madre, la nonna di Angelo, si è lasciata andare quando ha capito che il suo unico adorato nipote non sarebbe più tornato; e oggi mia madre non c’è più. Mio fratello, lo zio di Angelo, a cui era legatissimo, si sta lasciando andare e forse tra poco non ci sarà più” dice controllando a fatica la voce.

La mia famiglia è stata devastata e io non vedrò più mio figlio. Mi sembrava doveroso farlo sapere ai persecutori di Angelo, perché se ne vergognino – e perché altri non seguano il loro esempio“.

Poi consegna alla scuola una targa con un pensiero di Madre Teresa sul valore della vita, sull’importanza del suo rispetto in ogni momento. Sarà appesa all’ingresso del Ferraris, perché tutti la leggano. E chissà che tra i lettori più colpiti non ci siano proprio i giovani e immaturi persecutori di Angelo. 

Dei quali egli diceva, con la sua generosità, racconta la madre, “mamma, dai, in fondo sono tutti bravi ragazzi”.

Un ragazzo che evidentemente sapeva guardare oltre la crosta delle cose, degli eventi. Che in quei bulli aveva riconosciuto le fragilità, le debolezze oltre la maschera di duri o di guappi di gruppo.

Un ragazzo punito oltre misura da un destino come sempre cinico e mai come questa volta baro.

RuvoLibera e l’autore si stringono idealmente intorno alla famiglia e, se ci è concesso, vorremmo formulare l’augurio di superare al più presto, per quanto possibile, il valico del dolore; di staccarsi dal calvario del corpo di Angelo, della sua assenza così prematura; e di concentrarsi invece sulla sua presenza. Sul suo messaggio.

Sono tutti bravi ragazzi“. Forse è lì che dovrebbe puntare la costituenda Fondazione in suo onore. Nel comprendere e contrastare le cause del bullismo, che mietono vittime ogni giorno, a volte in maniera eclatante ma molto più capillarmente nel silenzio e nella sofferenza non detta. Prima che esploda.

Così come le vittime della strada, altra strage silenziosa contro cui facciamo sempre troppo poco, e che troppo spesso porta via anche ragazzi come lui, nel pieno decollo della vita e delle speranze.

La fine del percorso terreno di Angelo sembra indicare con forza queste due direzioni. Che forse sono l’unica direzione del disagio e della sofferenza adolescenziale e giovanile di sempre, resa però più drammatica dalla generale perdita dei valori che un tempo ancoravano la vita e le davano rifugio nella tempesta.

È quella tempesta, in cui tutti siamo, che scrive i destini e assegna i ruoli, vittime e carnefici. Ma in ogni caso maschere di un disagio più profondo e universale, come Angelo aveva capito bene.

Sono tutti bravi ragazzi“. Forse lui è andato via per salvarli.


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