Ruvo, Terlizzi e l’Inferno


Non metto affatto in dubbio che Terlizzi sia una cittadina con caratteristiche gradevoli ed apprezzabili, addirittura godibile per molti aspetti. Meno dotata dal punto di vista storico di Ruvo, questo è indubbio, e non me ne vogliano le amiche ed amici terlizzesi. Dico una ovvietà alla Jacques II de Chabannes de La Palice, che diceva cose scontatissime.

Certo, la Pinacoteca De Napoli è una chicca. Il Carro è un motivo di attrazione, sebbene caracollante al punto da destare in me il timore che possa abbattersi sulla folla che lo cinge d’assedio, trascinando con sé quei ragazzi festanti che trasporta.

Sulla carne ho qualche perplessità.

Che possa essere una caratteristica culinaria specifica o tradizionale tale da essere evocata mi sembra eccessivo. Aggiungo subito però che è di buona qualità, e questa volta non se ne abbiano a male i vegetariani ed i vegani.

Ma la carne di cui parla il ruvese Pino Minafra, figlio del caro ed indimenticato Michele “Occhineri”, è quella che si mangia oppure è la carne intesa alla Tinto Brass o alla Marco Ferreri, con una strabordante Francesca Dellera?

L’interrogativo sorge spontaneo se si legge l’intervista che il trombettista ha rilasciato al periodico terlizzese “Il Confronto” del mese di ottobre. Terlizzi è più disinibita di Ruvo, quindi meno “bacchettona”. Non c’è altra interpretazione da dare se non quella che rimanda ai costumi sessuali.

Almeno credo. Posso essere smentito, ma la disinibizione richiama una certa disinvoltura nei costumi e nelle abitudini sessuali, esegesi del resto confermata da ciò che segue: un tempo (quando? O fino a quando?) Terlizzi, dove vivono donne bellissime (e questo assunto non lo contestiamo aprioristicamente), era mèta di maschietti con problematiche sessuali irrisolte.

Sembra di capire che ci si recasse lì per ottenere sollievo alle pulsioni della carne, quando urlava di desiderio ed inclinava alla lussuria.

Mi sovvengono le parole di Nostro Signore: lo Spirito è pronto, ma la carne è debole.
E questa debolezza innata induce Paolo, nella Lettera ai Galati, ad affermare “la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. 

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge. Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere”.

Non fate quello che vorreste e, forse, dite cose che non stanno né in cielo né in terra. Se Terlizzi dovesse essere famosa per la carne e le donne disponibili ad alleviare gli istinti bassi degli uomini staremmo messi molto male.

Terlizzi, in altri termini, sarebbe una sorta di anticamera degli inferi. Un luogo dove si rischia di perdere l’anima. Un luogo da non frequentare o che andrebbe frequentato da gaudenti e lussuriosi. Un refugium peccatorum, titolo questo attribuito alla Vergine, evidentemente con ben altra valenza.

Se fossi una donna terlizzese non ne andrei molto orgogliosa. Se fossi il coniuge o il figlio di una donna terlizzese insorgerei contro affermazioni di questo genere, che suscitano ilarità, certo, ma anche sconcerto

E se fossi il Sindaco di Terlizzi interverrei per ripristinare un minimo di correttezza o di verità sulla mia città e sulla mia gente, salvando il salvabile.

La carne, le donne, le problematiche sessuali, il Millico. Sviolinate, neanche ben accordate, a Terlizzi che in parallelo sminuiscono Ruvo di Puglia, il luogo natio, dove un Vendola non sarebbe mai potuto nascere.

Attento, Nichi, perché se c’è una logica in tutto questo, la conclusione sillogistica potrebbe essere che provieni da un ambiente in parte malsano. Nichi il nichi-lista. Non va bene. 

E suona male che ci si serva di Ruvo, paese tratteggiato come arretrato, per il Talos Festival e che a distanza di qualche giorno lo si demolisca e lo si metta alla berlina, esaltando un paese limitrofo che merita rispetto, certo, ma non a scapito di Ruvo.

È poco elegante. Forse sarebbe opportuno che il nostro Sindaco ed il nostro Assessore alla Cultura si esprimano non sulla carne e le donne di Terlizzi, e neppure sul Carro, ma sul valore e sui valori della nostra comunitàsulle nostre tradizioni, sul nostro indiscusso patrimonio culturale ed artistico.

Del resto, anche a Ruvo ci sono donne bellissime e fa piacere quantomeno apprendere che non sia stato luogo di sbarco di uomini con blocchi psicologici da rimuovere a colpi di carne umana o dando colpi ad un corpo femminile.

Ironie a parte, è bene sempre soppesare le parole. Ridiamo un senso pieno alle parole. Facciamo attenzione a ciò che diciamo.

Le parole possono essere strumento di crescita o proiettili scagliati a vanvera. 

Possono uccidere o guarire, come sanno tutti coloro che si occupano di psicologia, non della carne, ma del profondo.

Salvatore Bernocco


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Pubblicato  20 OTTOBRE 2012 – 1422 visualizzazioni