Il Maestro vive ancora

Io me lo ricordo ancora, dall’altra parte del secolo, come se fosse oggi. Ricordo ancora quelle due bacchettate, mano dopo mano, le uniche che abbia mai ricevuto alla scuola elementare Bovio (e per fortuna anche dopo…).
Stavamo leggendo in classe e bisognava portare il segno. Quando chiamò me, rimasi in silenzio. Lui mi volle alla cattedra e mi punì.
In realtà, seguivo perfettamente. Ma il maestro Mauro Grumo mi aveva passato il testimone della lettura quando mancavano solo due parole alla fine del brano, quando ormai tutti pensavano, e anch’io, che il compagno che leggeva lo avrebbe anche finito. Due parole. Possibile? mi dissi. E quell’attimo di incertezza mi perdette.
Non dissi nulla. Andai e mi presi le bacchettate, tutt’altro che formali e anzi piuttosto dolorose, senza fiatare.
Oggi si pianterebbe una grana prima di alzarsi dal banco, e prima ancora di arrivare alla cattedra si farebbero partire due-tre querele… A tal punto si cambia.
Ma i bambini no. Specie in quel tempo, in cui gli adulti erano quasi personaggi mitologici, e i maestri addirittura semidei.
Mauro Grumo non l’ha mai saputo. Ma in quei momenti mi impartì involontariamente due degli insegnamenti più importanti della mia vita. 
Che si può essere puniti essendo innocenti. Anzi scrupolosi.
E che si può punire ingiustamente essendo giusti, come lui era. Anzi scrupoloso.
Allora non ci pensai. Ma mi rendo conto ora, dall’altra parte della vita, di quanto quelle bacchettate abbiano influito sulla mia percezione del mondo. Ogni giorno.
 
La Bovio in subbuglio
Ma l’altra cosa che ricordo come fosse oggi, è quel giorno in cui il nostro maestro Mauro Grumo prese la lavagna in una specie di amplesso creativo appassionato, ispirato, e vi disegnò sopra un quadro con i gessetti colorati.
Il risultato era straordinario. Solo a noi sembrò normale, abituati com’eravamo a pensare che quei semidei potessero fare tutto. Specie il nostro maestro.
Ma non così il bidello che entrò proprio allora a portare una circolare, che ne rimase abbagliato e sparse la voce nel corridoio.
La scuola entrò in subbuglio. Cominciò uno strano pellegrinaggio. Alla fine del quale arrivò persino il Direttore. Come dire, Giove in persona.
La lavagna fu prelevata così com’era e portata chissà dove.
Avranno ritagliato il quadro nella grafite o l’avranno lasciata tutta intera a impolverarsi da qualche parte? Chissà. Me lo sono chiesto per tutta la vita.
A noi ne portarono un’altra, umile e spoglia, e potemmo riprendere. L’andirivieni finalmente cessò. Grumo non fece una piega.
Lo ritrovo oggi, quattro anni dopo la morte, ancora protagonista d’arte in una mostra importante, presentata nientemeno che dal più ciarliero e irascibile “critico” televisivo (l’esatto opposto del Maestro).
E nientemeno che a Venezia. Nella città più bella e riservata del mondo, disegnata in un amplesso creativo da un dio innamorato su una lavagna chiamata laguna.
Quattro anni dopo la morte“? Che sciocchezza. Alle Fondamenta di Venezia, oggi, il Maestro vive ancora.

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