Tremila anni al buio

L’unica vera luce …

Un ferragosto da incubo. E meno male che siamo usciti solo per una mezz’ora, poco prima delle 21. I viali e la circonvallazione deserti e non un bar aperto dove sedersi.

Per trovare qualche segno di vita bisogna arrivare in centro, a Berardi e oltre.

La Città è deserta.

La Città che potrebbe essere un formidabile attrattore turistico, che ne ha tutte le potenzialità e a cui manca solo una Politica con la maiuscola – la Città alla deriva non attrae proprio nessuno.

Anzi, fa scappare i residenti.

A Palazzo Avitaia dovrebbero saltare sulla sedia di fronte a scene come questa. Ma si sa, alla sedia ci sono incollati.

Poi, mentre macino queste riflessioni sconsolate, arriviamo in Corso Jatta, e qui davvero è un colpo al cuore.

Davanti a noi la main street, il nostro splendido biglietto da visita, due chilometri di Tigli strepitosi fino a Corso Cavour, a Piazza Bovio.

Almeno, se si potessero vedere…

Perché è tutto buio. Tutto clamorosamente, incredibilmente, imperdonabilmente buio.

Li percorro incredulo, come in trance – l’auto va da sola, a passo d’uomo, come la barca di Martin Sheen in Apocalypse Now che si inoltra nella giungla, alla vigilia dell’Orrore.

Se non fossimo residenti e non sapessimo che sotto quel buio c’è la meraviglia, ce ne scapperemmo terrorizzati.

E infatti, semmai qualcuno si sia avventurato fin qui in questa serata a suo modo indimenticabile, è quello che avrà fatto.

All’altezza “Monache” non resisto e scatto due foto.

L’unica vera luce sono i miei fari.

Poi li spengo ed ecco l’effetto che fa. Foto al naturale, senza alcun trattamento.

Quella enorme e lunga macchia buia sopra e sotto il centro nasconde i viali più belli e (meno male) lo scheletro della villa devastata da un’inefficienza senza pari.

Tremila anni di Storia, spesso di Grande Storia, sepolti nelle tenebre.

Tutto il dramma in un solo colpo d’occhio.

E c’è chi ancora rimane seduto.

mario albrizio