Contro la Sla, Metti il ghiaccio

Non sappiamo se raccogliere soldi sia davvero la soluzione ad ogni problema.

Questa però è simpatica e merita di essere condivisa. Dal Fatto Quotidiano.

 

Ice bucket challenge: sui social si combatte la Sla. I precedenti “tormentoni virali”

31,5 milioni di dollari raccolti in meno di un mese. Questi gli straordinari incassi del “tormentone benefico” con la sfida del secchio d’acqua ghiacciata per combattere la Sclerosi Laterale Amiotrofica. In Italia “invitato” a partecipare anche Renzi. Destino beffardo per uno dei sostenitori Corey Griffin che è morto annegato in un incidente subacqueo

Ice bucket challenge: sui social si combatte la Sla. I precedenti “tormentoni virali”
“Nomino Michelle Obama, Angelina Jolie e Putin”, è il messaggio di Vin Diesel dopo il famoso bagno di acqua ghiacciata. Non è uno scherzo, anche se sembra un gioco, ne parlano tutti e nessuno si può sottrarre alla nomination. 

Il motivo è nobile, bisogna raccogliere fondi per la ricerca contro la Sla, la sclerosi laterale amiotrofica. I risultati della raccolta fondi sono incredibili: 31,5 milioni di dollari raccolti in meno di un mese, una settimana fa erano solo 10.

Ma oltre a quello delle donazioni dietro c’è un vero fenomeno sociale in rete: un meccanismo virale (termine che spesso si usa a sproposito) che è arrivato a coinvolgere le celebrità del pianeta da Cristiano Ronaldo a George W. Bush, da Bill Gates a Mark Zuckerberg.

Ma come è nato #alsicebucketchallenge?
Pare che sia stato Chris Kennedy, un golfista della Florida, a dare inizio alla gara. Tra i nominati è poi arrivato il malato di Sla Pete Frates che con coraggio ci ha provato e quando gli è arrivata l’acqua con ghiaccio ha riconosciuto quella brutta sensazione della sclerosi: muscoli bloccati e mente cosciente.
Intanto si apprende che Corey Griffin, un accanito sostenitore dell’iniziativa, è annegato in un incidente subacqueo sull’isola di Nantucket, Massachusetts. Griffin aveva contribuito a raccogliere 100.000 dollari per il suo amico Pete Frates
Quando una campagna diventa virale
Il meccanismo è sempre lo stesso: fare l’azione e nominare altri amici. Un passaparola semplice che grazie ai social network viaggia a una velocità pazzesca.
In Italia, ad esempio, per qualche giorno le bacheche sono state riempite di dipinti di Van Gogh e di poesie di Eugenio Montale, con un’operazione che mirava a diffondere la cultura.
I personaggi dei cartoni animati usate come immagine del profilo (per la settimana dell’infanzia e la lotta contro i tumori femminili con frasi in codice per sole donne come “Vado a fare un viaggio a Ibiza”.
I fenomeni virali possono far centro, ma gli esperti si dividono riguardo l’efficacia: un’azione pur avendo successo sui social network, viene subito dimenticata e non ha effetti reali.
Ma gli studiosi mettono in guardia anche da un altro aspetto, quello dell’attivismo da salotto, fare foto virali e invitare amici equivale a mettersi la coscienza a posto.
Diverso è il caso dei malati di tumore nel Crotonese, che hanno creato un gruppo su Facebook “Crotone ci mette la faccia” con la bacheca piena di foto e il semplice messaggio su una t-shirt.
Ma i social network sono fatti anche di proteste spontanee che nascono per caso, ed è bastato vedere Dani Alves prendere e mangiare una banana lanciata dagli spalti per viralizzare l’hashtag #somostodosmacacos, fino ad arrivare a coinvolgere l’intero mondo del calcio.
Il secchio di acqua ghiacciata ha superato tutti e mai si era visto una così alta partecipazione di personaggi famosi. Ora è il tempo della risposta di Bill Clinton nominato da Bush e di Matteo Renzi che, chiamato in causa da Fiorello, ha promesso che lo farà domani.
Articolo originale sul FattoQuotidiano.it