Le chiavi giuste

a Bovio mette in scena il suo Coro e una splendida fine d’anno scolastico 
Ruvo, 6 giugno 2014

 

I bambini, si sa, rendono bella ogni cosa. Perciò dire che i bambini sono stati superlativi, è dire il vero così come dire un’ovvietà. È il destino dei grandi talenti.

 
Ma ci sono anche altri motivi per cui, nel tradizionale showroom di fine anno delle scuole cittadine, questa serata della Bovio brilla di luce propria.
 
Il primo è che si è iniziato in orario. E questo, da noi, è sempre un evento…;)
 
Il secondo che non c’è stato il saluto dei politici, per assenza dei titolari interessati. Non ne facciamo una questione politica, ovviamente: è solo per il rispetto dei tempi e la fluidità/godibilità dell’evento.
 
Ma sono motivi minori.
 
 
Il primo motivo importante è che la Bovio ha fatto esordire il suo Coro. Ora, non che in questa Città manchino i cori. Ma questo è particolare. 
 
Perché è composto dai docenti, dai genitori e dal personale della Scuola. All’uopo, integrati dai bambini.
 
E questa è appunto una grande e bella novità. Simbolica, ma anche pratica. Perché solo l’alleanza delle sue componenti fondamentali può mitigare la generale devastazione della Scuola pubblica, verso la quale da tempo immemorabile i governi fanno a gara a chi l’apprezza meno, e la tortura di più.
 
E pensare che i soli fondi pubblici rubati attraverso la corruzione di Mose ed Expo (e chissà cos’altro verrà fuori dalla Tav), insieme a una nuova e più attiva visione dell’educazione, basterebbero a cambiare la Scuola come dalla notte al giorno, ridandole il ruolo di traino civile, sociale ed economico che ha orgogliosamente avuto un tempo, quando la scolarizzazione di massa è stata causa ed effetto della rinascita postbellica del Paese.
 
Basterebbe solo applicare la semplice regola, meno corruzione, più istruzione. Ma evidentemente vi sono altre priorità.
 
La base tuttavia resiste. Genitori e insegnanti mostrano, sia pure sul terreno neutro dell’entertainment, che l’alleanza è possibile. Che il gioco a metterli gli uni contro gli altri, attraverso il taglio continuo di risorse, può non riuscire, e forse essere battuto. Così fosse possibile.
 
La seconda grandissima novità non è una novità, ma una persona. L’insegnante che si è fatta carico di organizzare o forse sarebbe meglio dire di inventare questo Coro. Questo faro nella notte che non passa.

 
Si chiama Lucia Tatulli, è un’insegnante di sostegno e, a vederla nel sempre più provato (in tutti i sensi) chiostro dei Domenicani, si direbbe che sia nata proprio per sostenere. Ma un coro. Anzi l’intera jam session col pubblico, che ha diretto e sostenuto con una creatività vulcanica, un’energia e una simpatia incontenibili.
 
Dopo aver addestrato coro e bambini, qui, in diretta, ha preso la massa apparentemente informe del pubblico (che persino la mediocre fotocamera del telefonino e la luce sfavorevole rendono proprio così), lo ha istruito e fatto cantare su più registri corali. E ce ne vuole, specie in un pubblico di ruvesi…;)
 
Confesso di essermi un po’ commosso. Perché far parlare e dare voce, sia pure su piani più complessi, ma non meno vitali, a questa massa apparentemente informe è precisamente lo scopo di questo giornale e di chi scrive, da ormai vent’anni. E abbiamo anche avuto, e ancora abbiamo, momenti esaltanti, insieme a tanti altri così così.
 
Ma mai, ancora, il successo pieno come quello di quella serata.
 
Eppure, stasera, questa donna capitata qui in ragione di chissà quale eruzione vulcanica, questa insegnante che ha trascinato nel canto una massa refrattaria, questa docente che forse l’anno prossimo o quell’altro sarà chissà dove e allora magari addio Coro – pure stasera ci ha, e mi ha, dimostrato, al di là di ogni dubbio, che sia pure nella provetta sterilizzata dei Domenicani, l’esperimento riesce. Il miracolo è possibile.
 
Me lo ricorderò, nei momenti di pessimismo. Ce lo ricorderemo, l’insegnamento più importante della serata.
 
Non la bellezza dei bambini, che va da sé; non la maestria da consumati performers di genitori e docenti assolutamente esordienti; non i Domenicani pieni da scoppiare, non la genitrice emozionata ma che fa da perfetta annunciatrice della serata neanche fosse appena rientrata da Sanremo (e magari Sanremo fosse lontanamente paragonabile a serate come questa) – tutto questo fa parte del magico, per dire come si dice oggi.

 
La cosa davvero straordinaria, l’insegnamento che rimarrà, è proprio in quel “don” e in quel “San Martino” prima balbettati e poi cantati in scioltezza.
 
La dimostrazione inconfutabile che non esistono masse informi. Ma solo insiemi di Cittadini che aspettano una possibilità, e altre persone che sanno trovare le chiavi giuste per farle parlare.
mario albrizio