Il cancro che divora la Città

 
Mentre i medici litigano, il paziente muore.
 
 


Ogni comparto ha un cancro“, dice calmo al microfono Biagio Mastrorilli (Pd), gelando il Consiglio e il nutrito parterre. Ma mica lo stesso, aggiunge. “Ogni comparto ha il suo cancro“.
 
L’espressione, nella sua drammaticità, non poteva essere scelta meglio.
 
E in questo immenso reparto oncologico terminale che è diventata la mia Città, la nostra Città, quali sono le cure proposte a palazzo Avitaia, tra gli illustri oncologi del Consiglio comunale?
 
Essenzialmente due.
 
Dissotterrare l’ascia di guerra e andare a caccia di responsabilità e responsabili. Ora! verrebbe da aggiungere – quando il danno è fatto, conclamato e forse incurabile.
 
È la posizione di Antonello Paparella, Forza Italia, non è dato di capire se sua personale o del partito.

Anche perché il suo neo collega di partito e quasi omonimo, Matteo Paparella, è sembrato su un’altra linea, come al solito cerchiobottista, un po’ persecutoria (vorrebbe tra l’altro agire penalmente contro la Corte dei Conti, rea a suo dire di non essere intervenuta nei tempi giusti) e un po’, un bel po’, ovviamente, vittimistica e (auto)assolutoria.
 
Biagio Mastrorilli

Sull’altra sponda la linea della maggioranza, pessimista sulla possibilità di seguire la via giudiziaria (la parola più gettonata della serata è certamente “Procura) e in fondo sostanzialmente difensivista rispetto all’attività amministrativa svolta, comprese le amministrazioni precedenti, specie se (c’è da dirlo?) di centrosinistra.

 
Una posizione che potremmo riassumere nel concetto di “forza del destino”, dove per destino si deve leggere soprattutto Matteo Paparella (come se Attila, che ha le sue belle responsabilità, abbia potuto fare tutto da solo).
 
Laddove invece la posizione dell’altro Paparella, il Paparella giovane o Paparellino come qualcuno sussurra tra il pubblico, può essere riassunta sotto l’eterna egida del “proviamole tutte”, del “non abbiamo null’altro da perdere” o, alle brutte, il più goliardico “facciamo casino e vediamo che succede”.
 
Insomma, nel reparto oncologico l’incendio appiccato vent’anni fa ha ormai invaso i piani alti, bloccato le porte e  saturato di fumo i locali, al punto che l’unica alternativa su cui si dibatte (mai termine fu più improprio) è se ora non resti che tentare un impossibile attraversamento del fuoco o se per caso non sia meglio buttarsi dalla finestra.
 
A noi la scelta. 

E intanto continuano i battibecchi tra i banchi della maggioranza e dell’opposizione, per attribuirsi reciprocamente le responsabilità, se più responsabili siano state le giunte “di destra” o quelle “di sinistra”, in un dibattito ottocentesco in cui si finge ancora, nello sfacelo generale, non solo locale, che la cosa faccia differenza. 

In sintesi, l’antico gioco dello scaricabarile.

La morale? la solita.

Mentre i medici litigano sull’anamnesi e non raggiungono neanche una diagnosi, il paziente muore.
 
mario albrizio