Attacco alla Rotonda e a Piazza Matteotti

Un pericoloso Vuoto di Memoria 

L’idea mi era stata presentata informalmente parecchi mesi fa da persona di cui conservo la massima stima. E avevo già allora espresso la mia assoluta contrarietà. Ma vederla ora trasformata in progetto, francamente, è un colpo al cuore.

Piazza Matteotti, già derubricata a “Largo” (Castello), è la nuova preda del business della ristrutturazione, l’unico o quasi in cui riusciamo ancora a spendere qualcosa dei fondi europei (cioè nostri): perché non solo la nostra economia è arcaicamente basata sul mattone, ma la nostra stessa civiltà, forse la nostra testa.

Ora, a parte il fatto non secondario che un’Amministrazione che è stata capace di produrre l’immenso disastro di Piazza Dante, dovrebbe per prudenza e pudore astenersi dal mettere mano anche a un pianerottolo – e figuriamoci al cuore politico-sociale della Città…


L’ipotesi di partenza della nuova piazza.

A parte questo, ed entrando nel merito del convegno che si terrà il 29 maggio col titolo freudiano (ah, i lapsus…) di “Vuoto di memoria“, il “core” del progetto è l’eliminazione della storica rotonda e la sua sostituzione con un accrocchio incomprensibile di rettangoli che nulla sanno né di estetica, né di Storia, né tantomeno di Memoria.

Capiamo allora che il Vuoto di memoria è non ciò che si vuol sanare, ma rischia di essere la cifra programmatica di questo progetto che nasce sotto i peggiori auspici. Specie se questo obbrobrio, che oggi viene presentato come “progetto”, fosse già “cantierizzato e pronto a partire in 3-4 mesi” come dicono altri in pasta. 

Nel qual caso non capiremmo dove sia la partecipazione dei cittadini così pomposamente sbandierata – e perciò preferiamo non credere ad una simile inappellabile enormità, e pensare invece, positivamente, che ci sia ancora modo di aggiustare il tiro e cambiare rotta..


La rotonda viva
Ora, giusto come rinfresco della Memoria, quella rotonda non solo da senso alla Piazza. Non solo le conferisce quell’aspetto di unicità. Non solo ne caratterizza la viabilità e le da una direzione.

Soprattutto, quella rotonda è la rotonda dove hanno giocato generazioni, migliaia e migliaia di bambini. Ed è anche, forse soprattutto, la rotonda dove generazioni e generazioni di contadini hanno vissuto la loro speranza e non di rado giocato il loro destino.

Il posto dove hanno cercato e magari trovato “la giornata”, o come si direbbe oggi un lavoro iper-flessibile, giornaliero. Il pane duro e amaro che però consentiva loro di nutrire i figli.

Il posto dove andavano a farsi consapevolmente sfruttare, sapendo che non c’era alternativa onesta e credendo davvero, e a ragione, che comunque il lavoro, in quanto onesto, nobilita l’uomo.

Il piedistallo, l’unico, simbolicamente circolare, su cui i disgraziati della Storia potevano inseguire e perseguire la speranza di sopravvivere ancora, di dare ancora nutrimento alla propria famiglia. Sopportare un presente ingrato in nome almeno di un domani.

In altre parole, quella rotonda è STORIA concentrata. Memoria più di ogni altra cosa. Quella rotonda è VIVA!


Arricchire la memoria, non mutilarla
Si vuole valorizzare la Città sommersa, peuceta, romana, più probabilmente medievale – data l’enfasi sul Castello ormai irriconoscibile? Nessuno è più favorevole di chi scrive. 

Ma la Storia e la Cultura di un popolo e di una Città non si fanno mettendo una contro l’altra le epoche, usandone una per cancellarne altre.

La Memoria non si preserva cancellandola. Non ci insegna, facendola scomparire. E non si cura un Vuoto di Memoria creandone un altro più grave.

La Storia è un corpo unico, vivente anche se sommerso – che va riscoperto, ripulito, reso funzionale, ma MAI a prezzo di valorizzarne un pezzo contro un altro.

Chi scrive non potrà essere presente al convegno. Perché noi il 29 parliamo di Moro. A proposito di Memoria vivente, non celebrativa ma costruttiva di senso.

Ma che sia chiaro che quella rotonda si può rivisitare, reinterpretare – e tanto si potrebbe fare in tal senso. Ma non si tocca. Non si DEVE toccare. C’è la nostra anima, lì. Ci sono ancora le scie esistenziali dei nostri padri, e dei padri dei nostri padri.

La Città peuceta e quella romana e/o medievale o moderna possono e devono trovare un modus convivendi. Possono e devono stare insieme. Ne va della nostra identità profonda. Cioè del nostro bene più prezioso.

Vedere e innamorarsi. Il vero capitale
La Città Millenaria il cui fascino il mio amico architetto Del Rosso ha così tante volte, e con parole tanto ispirate, descritto, è la STESSA città di Piazza Matteotti. Un Corpo Unico. Che va valorizzato interamente, non privilegiandone alcuni pezzi e amputandone altri.

Sono certo che si saprà imboccare la via di una soluzione intelligente e soddisfacente per tutti. L’architetto Del Rosso, i bravi architetti ruvesi e non, di cui ho visto in questi mesi schizzi davvero interessanti, e in genere i tecnici e i Cittadini che vi parteciperanno, seguano questa semplice traccia.

La Memoria è il vero capitale di una comunità. E come il capitale in senso stretto, se si vuole diventare ricchi, non si dilapida. Si accumula. E si diversifica.

Nessuno è così sciocco da buttar via i suoi Bot, perché si è innamorato della moneta elettronica. Cercherà invece il modo migliore di far convivere entrambi, diversificandone magari gli utilizzi.

Per gestire il nostro enorme patrimonio storico-archeologico-culturale ci basta la stessa, elementare saggezza. Nello stesso identico modo.

Basta saperlo vedere ed esserne innamorati. Il resto viene da sé.

mario albrizio