Il messaggio. Reinventarsi per sopravvivere


Le Faraualla Marko Markovic Orkestar alla Fine del Talos


Domenica 16 Settembre, ore 21.00. Faraualla. I canti della tradizione popolare sono il messaggio; la voce di quattro donne è lo strumento. E il corpo affinchè la voce vibri, vibra anch’esso.

A gruppi di due, in maniera alternata, portano in avanti il busto, fissando i piedi
con forza sulla terra; caricano lo spazio circostante, portando indietro le braccia. E la respirazione di una, si incastra perfettamente con quella di un’altra, e quest’ultima con un’altra ancora, e ancora un’altra. E’ un metodo, o forse un rito. E la voce mette in atto questo rito, lo discretizza per renderlo meno caotico e più concreto. E la voce divide il tempo della percezione da quello della comprensione. E la voce è il risultato del lavoro di almeno trenta muscoli sparsi, compresa lingua e ogni singolo dente.

La loro esperienza si colloca perfettamente nel nostro contesto.

Negli articoletti precedenti vi ho raccontato di viaggi intorno al mondo, con tappe nel Sud del dopoguerra, o nelle campagne francesi; vi ho parlato delle contaminazioni del 2012, dei progetti di quelle persone che esplorano le nuove forme della musica.

E in verità ho mentito. Ho cercato di attirare la vostra attenzione; e lungo il percorso ho parlato di accrocchi, di finzione.

Questa mia, non è una storiella di quelle che ci raccontavano la sera per farci dormire tranquilli. Non è la sacra arte del lecchinaggio. Questa è una seduta di autocoscienza collettiva. E’ una possibilità che dobbiamo darci.

Sul palco del Talos Festival, le Faraualla hanno portato alcuni brani del nuovo progetto che ha per tema: la medicina popolare. I testi tratti dai formulari popolari di guarigione, in cui gli aspetti più pagani venivano mischiati ad una fervida religiosità.

Nel primo periodo di questo pensiero, parlavo di messaggio. Ecco il messaggio che ho imparato ascoltando le Faraualla, è che per sopravvivere bisogna “reinventarsi” criticamente.

Non parlano l’inglese, a loro basta saper dire cose tipo: ” Thank youuuuu”, oppure “Everybodyyyy”, oppura ancora “Marko Markovic Orkestar from Serbiaaaaa”.

Un mio docente di Storia dell’Architettura antica gli avrebbe affibbiato l’appellativo “bizzarri”.

Ma sono un autentico sballo. Sangue rom nelle vene, hanno riscaldato il nostro di sangue, ormai freddiccio per una serata che apre le porte all’autunno. E da quel momento non ho capito più nulla. Accanto, sopra e sotto di me, la gente ballava e gridava. E poi un folkloristico pallone, lanciato per salutare una nuova Aria, e i fuochi che superavano le trombe, e le trombe che superavano le grida delle persone. Forse un video, anche se rappezzato qua e là, e con un audio mediocre, può spiegare meglio di mille parole. Buona visione.

Ivan Iosca
RuvoLibera