I Bruchi e le Farfalle


Giovedì 13 Settembre, ore 21.00, a Ruvo di Puglia ci si sveglia. Non era un letargo. Forse si attendeva un nuovo stadio, come il bruco con la farfalla.

Seduti tutti. Siamo tanti, I Bruchi. Non c’è un posto libero. Attendiamo I Bandervish.

Non so nulla di musica. Cercate di comprendermi, come io cercherò di farmi comprendere.

Al primo ascolto, chiudo gli occhi. Lenta che arriva, scorgo una piacevole sensazione sul viso, come la brezza marina. Parte lenta la banda, poi sale, poi sale, poi ancora di più, e vedo davvero il vento di Palestina. E sento davvero il vento di Palestina. 

E nel vento, la voce di Nabil Salameh mi racconta dei sapori delle pietanze che non ho mai assaggiato. E la terra, di un rosso che non conosco, si solleva e costringe la danza d’amore di due farfalle a sforzi non preventivati. 


Era da tempo che a Casa mia, a Ruvo, non passavano le farfalle. E’ il lamento della Lama sonora, mi diranno due musicisti di chissà quale banda, seduti accanto a me. 

E la fisarmonica frenetica, descrive il volo dei due lepidotteri. E poi il piano, e poi la fisarmonica, e poi di nuovo il piano e poi c’è la banda di Sannicandro. 

E la banda ci fa stare con i piedi per terra. Scandisce i tempi, riempie i vuoti, descrive la storia, racconta i particolari. Sembra che ognuno sia indispensabile all’altro. Ed io mi meraviglio di quella meraviglia. 

Forse era la consapevolezza? Mancava forse?

La consapevolezza, ti accompagna durante Il Salto. Di questo avevamo bisogno.
Su un migliaio di spettatori ce ne saranno di bruchi ormai consapevoli, ce ne saranno di farfalle che ormai volano da sole.


Il nostro cuore antico, la banda come tutto il patrimonio culturale diffuso, non rappresentano un limite alla modernizzazione, all’emancipazione, ma un Sistema identitario. Un laboratorio a cielo aperto dove sperimentare nuovi mondi.

Torniamo al Festival. Ero già sazio. L’acustica era pessima. L’eco provocato da una struttura non adatta, il Palazzetto Comunale, mi aveva un po’ stordito.

Allora abbiamo: Municipale Balcanica, Admir Shkurtaj, Roberto Ottaviano, Giorgio Distante, Vito Mitoli, Francesco Massaro, Meli Hajderaj, Carlo Actis Dato e altri ancora.
Come dicevo prima, ero già sazio. Ma da ieri ho fame di Jazz.


Un crogiolo di persone di culture tra loro molto diverse che convivono tranquillamente. Ero convinto non esistesse più la Democrazia!

Non voglio fare polemica, perché questo festival è l’esperienza più bella che ci potesse capitare, ma voglio le strutture, voglio un’ancora maggiore organizzazione.

Non mi resta che invitare tutti quelli che non l’hanno ancora fatto, a svegliarsi come me in questa nuova realtà, a fare il salto, ad avere fame.

Ivan Iosca
RuvoLibera