Dovrebbe essere normalità. Ahimé, è ancora eccezione – e questo va tutto a tuo onore.
Detto questo, lasciami aggiungere che, se la forma mi soddisfa e mi onora, per lo sforzo che c’è dietro; i contenuti mi lasciano nel complesso altrettanto o ancora più insoddisfatto. Proverò a spiegarlo punto per punto, anche per correggere (se mi consenti) qualche errore di interpretazione di quello che ho scritto.
Pasquale De Palo, Assessore alla Cultura |
Risposta a Mario Albrizio
pubblicata da Assessorato Cultura Turismo Sport il giorno mercoledì 20 giugno 2012 alle ore 16.10
E fai bene.
Ma spiace ma io non l’ho affatto insinuato. Né scritto, né pensato. E, per inciso, se c’è un appunto che proprio non mi si può fare è di “insinuare”: credo di aver dimostrato più volte, anche in contesti difficili, che amo parlar chiaro, costi quel che costi.
Nel caso specifico ho detto testualmente che “il divertimento e l’evasione (… hanno sicuramente la loro dignità)“ . Che è precisamente il contrario di ciò di cui mi accusi.
Ho detto che però non sono Cultura. E su questo mi pare che siamo d’accordo (vedi oltre).
Questa non l’ho capita, ma mi fido. Certo che uno spettacolo può fare cultura. Ma non ogni spettacolo. Segnatamente, non un concerto rock col divo di passaggio. Che produce piuttosto l’effetto contrario. La divinità mediatica scesa tra i comuni mortali (tutt’altro che gratuitamente) per illuminarli e tornata poi nel suo olimpo inaccessibile.
Questo, superato il momento fuggente, produce estraniamento e frustrazione. Senso di inferiorità e abbassamento della propria autopercezione. Tanto più nei giovani, costituzionalmente alla ricerca d’altro.
La Cultura è invece costruzione equilibrata di sé, protagonismo civile, serenità nell’autopercezione e confronto alla pari con gli altri.
Non noti qualche differenza?
quale? fatto da chi?
ma va’?
(29.2%), commercio
Intanto 70+29,2+29,4+15 fa 143,6%, anziché 100%. Come lo spieghi?
E detto per inciso, mi meraviglio che l’edilizia a Ruvo conti ancora il 15%. Dopo vent’anni di disastri amministrativi e inoperosità, francamente pensavo fosse sotto zero. Altrimenti come spiegarsi che le case a Ruvo costino più che a Parigi?
ma dai, questa non la commento – non posso pensare tu lo dica veramente. Sembrerebbe tu non abbia mai visto delle cittadine davvero “a vocazione turistica”. Non puoi dirlo seriamente.
con i prodotti tipici (vino, olio, mandorlaccio, calzone…) legati ai beni culturali ed alle tradizioni quali attrattori della città?
Di nuovo questa storia? Con questo “legame” si sono ridotti nello stato in cui sono sia la Città, sia l’economia, sia la Cultura. Non penserai di essere stato tu l’iniziatore di questo trend così nefasto… E ancora vogliamo continuare?
Crediamo di sì! E crediamo che è ora di attirare turisti. Ora, su questo aspetto la cultura non è al centro, ma è un anello fondamentale.
Hai ragione, in tutto questo su questo aspetto la cultura non è al centro, e per la verità neanche in periferia. Forse nemmeno sullo stesso pianeta.
Perché quello che suggerisci, puntellandoti con i report, è un uso drammaticamente strumentale della Cultura.
Come se la Cultura serva e debba servire a vendere commercialmente la Città. Ma non è per niente così. Te lo dico (se posso permettermi la definizione) da uomo di cultura.
Ma te lo dico ancor di più da specialista di marketing e comunicazione, con 25 anni di esperienza alle spalle e clienti anche di levatura nazionale e internazionale.
Pensare di fare marketing con la Cultura/spettacolo a spese pubbliche è una pura follia che rasenta il suicidio. Perché rovina l’immagine della Cultura (e quindi della città), strumentalizza lo spettacolo attirando (se lo attira) il turismo peggiore, quello mordi e fuggi che porta (pochi) soldi nelle tasche di pochi e molti problemi sulle spalle di tutti. Se è questo che vogliamo, allora i concerti/sveltina sono perfetti.
Ma io continuo a sostenere che la Cultura è altro. Ben altro.
Come sopra. Illudersi di fare turismo con i concerti è una strumentalizzazione della Cultura non solo inutile, ma controproducente.
In ogni caso lo ribadisco: MAGARI stessimo parlando di una corretta coniugazione della cultura e dell’economia.
Gli spettacoli pagati dal finanziamento pubblico a vantaggio di una parte degli esercenti non sono economia, tantomeno sviluppo. Sono al massimo contributo ed elargizione di categoria (sempre a spese della collettività).
Cultura ed economia possono e devono andare d’accordo, ma rispettando e valorizzando, non mischiando e confondendo i relativi ambiti e le rispettive potenzialità.
Sviluppo è tutt’altro. Cultura è tutt’altro. Continuare a confonderli è la migliore garanzia per continuare a rimanere nella nostra condizione di sottosviluppo culturale ed economico (e di conseguenza, sociale).
Sarei curioso di sapere quanti pugliesi (di dove?) lucani e campani (guarda caso: familiari e amici a parte, immagino) sono venuti qui per Bennato.
E come fa il Comune a saperlo? Avete schedato tutti i partecipanti? Suppongo di no. E allora, tutte queste certezze da dove originano? Trovo qualcosa sul report dell’Università di Losanna? 😉
E meno male…
Ma allora perché lì 50.000 euro sì (più 14.000 di “biglietti”), e quando si presenta un progetto (se posso permettermi) culturalmente un po’ più serio (nel senso: di lungo periodo) il ritornello è che non ci sono soldi?
E sia chiaro che non parlo di te o di me e/o della mia associazione – ma riferisco per così dire un parlare comune .
? Allora, se non è Cultura e non è “sollazzo”, perché abbiamo pagato? E perché i “seduti” hanno doppiamente pagato?
Tutto in una sera? Anzi in poche ore ? Wow…
Io veramente ho visto qualche foto e un filmato che documentano chiaramente il sostanziale (non totale) riempimento della platea (per così dire) e un ben scarso riempimento del resto della piazza, senz’altro poche centinaia di persone.
È vero che non ho avuto la forza di sciropparmi tutto il video (dove ho contato ben mezz’ora di introduzioni varie…) ma le immagini sono eloquenti.
Voglio sperare che la piazza si sia riempita dopo. Altrimenti vuol dire che non usiamo le stesse unità di misura.
Perché? Dovevano pure pagare? E ci mancherebbe! È già abbastanza scandaloso che abbiano pagato gli altri.
In ogni caso, anche a prendere per buone le cifre di cui sopra e attribuire 6.400 presenze in piazza – resta che circa 20.000 altri ruvesi hanno pagato per uno spettacolo che NON hanno visto e magari NON volevano.
Non ti pare che qualcosa non quadri?
Ed eccola di nuovo, la “contemporaneità”, il complesso freudiano della città vicina. Il perché a Corato sì e a Ruvo no e così via.
Ma se c’è una cosa che la Cultura non è, è sicuramente l’imitazione. Il livellamento. Soprattutto al basso.
Veramente poche righe più su l’hai detto tu che è marketing. Dal mio punto di vista ripeto solo: magari lo fosse!
Un marketing serio (cioè, professionale e sempre di lungo periodo) farebbe crescere la città e il territorio, e RIMPOLPARE, non svuotare le Casse del Comune.
Scusa ma il 70% non era l’agricoltura? Ma di che dati stai parlando?
E comunque, sempre prendendo tutto per buono, fammi capire. Spendiamo (per un solo concerto di piazza) 35.000 euro pubblici, usciti dalle tasche di tutti noi, più 14.000 euro (circa) di biglietti, comunque usciti dalle tasche di parte della città, per portare qualche cliente mordi e fuggi nei ristoranti e nelle pizzerie?
Si potrebbe sapere, con dati seri e scontrini, di quanto è aumentato (se lo è) l’incasso dei suddetti esercizi rispetto alla media degli stessi giorni senza concerto?
Sono molto curioso. E sarei molto sorpreso se si raggiungesse anche solo la metà della cifra spesa. E sono sicuramente MOLTO ottimista.
Ma anche supponendo che si sia recuperata l’intera somma, in realtà si è trattato di un travaso di fondi pubblici in tasche private. Il che fa male ai fondi pubblici. Ma fa male anche di più alle tasche private, perché
1. vorranno sempre altri “eventi” come questo, sempre di più, per ovvie ragioni: una droga difficile da smettere, ma che il Comune non può permettersi di somministrare all’infinito;
2. trascureranno di migliorare il prodotto e quindi la propria competitività sul mercato, che è l’unica cosa che può dare loro una reale sicurezza.
Davvero non c’era di meglio da fare?
Una volta a Bergamo un collega settentrionale, saputo che ero di qui, esclamò: “Ah, Ruvo, la città della ***”. E mi fece il nome di un noto ristorante di carne.
Questa è la via maestra. Sono le attività di eccellenza che fanno parlare della città. Non il contrario. Sperare di attirare il turista col vaso di Talos per poi sperare che mangi o dorma qui è una pura illusione costosa, improduttiva, dispersiva, estenuante e sterile.
D’altronde sono generazioni che si mette in opera questo trucchetto di marketing casereccio antidiluviano – e non ha mai funzionato. Perché dovrebbe funzionare oggi?
Il turista non va “attirato”. Non è una mosca. Va trattato alla pari. Come amico. Non si tratta di fregarlo ma di farlo entrare in famiglia. Farlo sentire a casa. È un lavoro molto più lungo e complesso che organizzare una strimpellata in piazza.
Prendo per buoni i dati (ancora una dimostrazione di fiducia). Ma quello che tu dici è solo marketing, e direi solo marketing strumentale, non strategico. Cioè inefficace e alla lunga controproducente.
Non si tratta affatto di una concezione “purista” e non esiste Cultura con la maiuscola o la minuscola. È Cultura o non lo è.
Quanto alla tua ossessione per l’edilizia (che NON è Cultura ma con la Cultura c’entra incomparabilmente di più di qualunque concertino di piazza) ancora una volta non capisco che ci azzecchi con l’argomento di cui discutiamo: la Cultura.
Per la cronaca, io ho fatto evangelizzazione sulla ASSOLUTA necessità per questa città di diversificare la sua offerta industriale e occupazionale, sfuggendo alla morsa edilizia-agricoltura, quando tu ancora (per tua fortuna) portavi i pantaloncini corti. Come al solito ho predicato nel deserto – ma questa è un’altra storia.
Perciò non capisco a chi stai parlando, dal momento che la tua risposta dice nel titolo di essere una risposta a me.
Siccome so che sei in buona fede, presumo sia male informato.
Volontariato=serie B. O peggio…
Sicuro di voler dire proprio questo?
Ma chiunque abbia studiato un po’ di Cultura ti potrà confermare che gran parte della Cultura migliore, in tutte le sue forme, viene prodotta quando l’artista/musicista/scrittore/filosofo e quant’altri è povero, sconosciuto e/o squattrinato.
E sì, lavora gratis o letteralmente per un tozzo di pane. Che dici: ci sarà un motivo?
Poi è anche possibile che produca qualcosa di buono o di grande quando è affermato e magari ricco. Ma solo se ha altri problemi (per esempio, sentimentali) che lo lacerano. È il bisogno che aguzza l’ingegno, non i finanziamenti pubblici. E questo vale per gli artisti. Ma anche per i ristoratori e i pizzaioli e tutti gli altri.
Essere pagati è una necessità di vita. Che però con la Cultura non c’entra per nulla, e se c’entra, è per danneggiarla. Non ne parliamo, poi, essere stra-pagati. E, ancor di più, essere stra-pagati mentre tutti gli altri devono tirare la cinghia.
Questo è business as usual, il così fan tutti, non certo Cultura. La Cultura è precisamente il superamento di tutto questo.
Il problema NON è affatto di quantità. Il problema è di merito, è logico ed assoluto.
Se qualcosa viene finanziato con fondi pubblici DEVE essere gratuito. Se l’artista vuole essere pagato metta su uno spettacolo capace di attirare il pubblico, senza spennare le pubbliche casse.
L’incesto tra fondi pubblici e “artisti” finisce per depauperare sia le pubbliche casse che la creatività. Così che gli artisti di oggi troppo spesso sono a caccia di finanziamenti pubblici anziché di buone idee.
Una realtà nazionale tristemente sotto gli occhi di tutti. E vogliamo ancora difenderla? Anzi, promuoverla ? Suvvia.
È un problema del comitato feste, che è un ente privato. Non capisco perché debba diventare un problema pubblico ed essere messo a carico dei cittadini. Di tutti. Anche di quelli che non sono d’accordo.
Perché mica mi vorrai dire sul serio che il concerto in piazza (che abbiamo riconosciuto entrambi non essere cultura) ha la stessa valenza di necessità del biglietto per i trasporti o del ticket per la sanità – vero?
Certo che sì. E lo fanno già fornendo il TOTALE budget comunale per l’evento. Che altro devono fare? Un prelievo sanguigno?
Ma dai. Ancora con questa storia? Quanti cittadini di altre città (supponendo sia meno grave)? Contati come? Che hanno speso quanto?
Ma magari. Di (vera) economia abbiamo bisogno! A me sembrano solo logiche politiche – almeno nel senso ahimé quotidiano del termine.
Accontentare il comitato feste patronali e accontentare una parte dei ristoratori, due consistenti lobbies che – secondo una certa politica – è bene tenersi buone.
Ma a quale prezzo? A carico e a vantaggio di chi?
Con quale etica, mentre il Comune è a un passo dal default e agli operatori culturali, e persino agli indigenti che chiedono aiuto, si risponde sempre con la stessa solfa?
Mentre non si investe un solo euro per uno sportello Europa SERIO, efficiente e non clientelare, che aiuti a intercettare i giganteschi fondi europei che ci volano inutilizzati sulla testa… mentre imprese continuano a chiudere e operai a tornare a casa senza speranza.
Ma via – è davvero questa la soluzione?
- Sta per essere bandita la gestione dell’ex centro di aggregazione minori presso il Polivalente, per realtà associative che la utilizzino per attività di tipo culturale (musica, danza, cinema, teatro)
- Stiamo aspettando che il destino dell’ormai chiusa Comunità Montana si realizzi per far liberare un piano della struttura comunale di via S. Barbara per avviare le procedure per bandire la gestione della Scuola di Musica comunale
- Stiamo per inviare a tutte le associazioni titolari di sede di proprietà comunale in locazione una richiesta di rendicontazione delle attività da loro svolte per capire se alcuni immobili comunali sono sottoutilizzati e possono essere affidati ad altre realtà associative in sofferenze per i fitti esosi (tante in verità!)
- Stiamo, di concerto con la Soprintendenza ai Beni Archeologici, verificando la possibilità che enti privati si candidino alla gestione di un Museo Archeologico cittadino sito nel primo piano dell’ex convento dei Domenicani. In caso di esito negativo si procederà ad un concorso di idee per la gestione, senza affidamenti diretti e nella pura trasparenza
- Stiamo per allocare al piano terra dell’ex convento dei domenicani la collezione di litografie e serigrafie del Maestro Cantatore (diverse centinaia) che giacciono in una stanza blindata a rischio deterioramento
- Consentire l’utilizzo dei locali della Biblioteca Comunale negli orari non gestiti dal personale interno all’Ente da parte di associazioni le cui finalità statutarie siano la promozione della lettura
E anche da quello che leggo più su, senz’altro lodevole per lo sforzo, viene fuori un’idea piuttosto museale e chiusa di Cultura. Il che è sempre meglio di niente. E sicuramente meglio del concerto paesano.
La mia proposta/critica/provocazione andava (e va) chiaramente in quel senso. Perché il nostro maggior patrimonio culturale non sono le opere di Cantatore, le pale settecentesche e quant’altro.
La nostra opera d’arte maggiore sono le anime dei cittadini, e specialmente (ma non solo) dei giovani.
Che siano valorizzati, che si creino occasioni per loro. Che si faccia vivaio, non passerella e porgitura di microfoni per il saltimbanco di turno, più o meno noto.
È lì che deve puntare una Cultura degna di questo nome. È di questo che parlavo, ricordi?
Cose anche quelle importanti, per carità. Ma la Cultura è altro. E l’economia altro ancora.
Se mi posso permettere di ricambiarti un consiglio di lettura: leggiti Erostrato di Jean Paul Sartre. Spiega molto bene le controindicazioni del voler essere famosi a qualunque costo. La micidiale ragnatela del “purché si parli di me“.
A disposizione.
Un punto a favore…;-)
Con la stessa sincerità, ti dico che sbagli. Dire che c’è una non-strategia NON significa affatto la stessa cosa che dire che non c’è alcuna strategia. Sono cose ben diverse.
Se ben ricordi, o rileggi il passo, vedrai che questo concetto è introdotto dopo la constatazione dell’uno-due Concato-Bennato. Che appunto esclude il singolo episodio e rende evidente una strategia.
Che è una non-strategia NON perché non sia una strategia, ma perché è una strategia non all’altezza. Ovvero una strategia a rimorchio degli eventi e delle peggiori abitudini del circondario, senza capacità di innovazione, di scoperta e di valorizzazione della creatività, madre di ogni reale Cultura.
Tu dici: “La visione strategica c’è e come!”. Ma se la strategia è questa, forse sarebbe stato meglio non averne alcuna.
Naturalmente non sei obbligato a condividere la mia visione. Ma, per riprendere la tua espressione, non posso concederti di attribuirmi accuse che non ti ho fatto.
Infatti non l’ho detto. Mi dici dove è scritto?
Io non ho parlato di soldi. Se hai un problema con la tua retribuzione, mi spiace; ma ti prego di non attribuirlo a me, che ai soldi sono piuttosto allergico, come forse si è capito; salvo ovviamente quello che serve all’essenziale per vivere o a realizzare grandi progetti di utilità comune. Per tutto il resto non mi interessano. Se tu guadagnassi zero o 400.000 euro le mie osservazioni non cambierebbero di un millesimo.
E questo ti fa onore. Come ti fa onore l’aver risposto civilmente alla mia precedente (per quanto costruttiva) critica.
Per quanto le nostre concezioni di Cultura rimangano abissalmente distanti, sono lieto di averti come interlocutore.
E spero che la non diplomaticità di alcuni toni, dettati come sempre da passione civile, aggravata in questo caso da iperpassione culturale – non pregiudichi la tua sicurezza nella mia stima e la possibilità di prenderci un caffé insieme. Magari invitando la Città.
Magari in una bella Notte della Cultura. A cui non hai risposto – e scommetti che ne conosco il motivo? E che, a questo punto, lo intuiscono tutti i Lettori?