La Cultura del Calcio

 




Flora Mannarini è un personaggio piuttosto chiacchierato e lo sa. E alle accuse diffuse da una estesa voce popolare risponde facendo spallucce: “se fosse vero quel che dicono, perché nessuno mi ha fatto causa?”

Sta di fatto che questa donna piccoletta, nervosa e ostinata, dal marcato accento barese che sventola come una bandiera oxfordiana (come sottolineare ad ogni parola quanto qui lei si senta in provincia) è un’organizzatrice instancabile. E anche una corteggiatrice ostinata, quando decide che vuole la tua attenzione.
 
Così il pomeriggio del 4 giugno, alle tre (!) anziché alla mia scrivania per ricordare Tienanmen, eccomi seduto nell’auditorium del Liceo Scientifico “Tedone”, a partecipare a un meeting su Calcio e Cultura con il gotha del calcio barese e non solo. 

C’è, tra gli altri, l’assessore allo Sport del Comune di Bari nonché presidente del Coni regionale Elio Sannicandro. C’è Maurizio Seno, “Maestro dello sport” di Coverciano. Un nutrito palco di professionisti a vario titolo rappresentanti di sport e istituzioni.


Nessuno è venuto dal Comune. Oggettivamente, un’assenza che si nota, quale che ne sia il significato.
C’è però il Preside Biagio Pellegrini, che su questa associazione scuola-calcio ha scommesso da tempo.
 

Alla fine il grande auditorium si riempie per neanche metà. Un po’ l’ora. Un po’, dice la Mannarini, il continuo boicottaggio che deve fronteggiare ogni giorno, da parte di associazioni e di personaggi locali che “controllano” (lei dice) lo sport rubastino e che la vedono sin dall’inizio come un corpo estraneo e una minaccia.


Si aspetta un po’, ma il pubblico rimane quello. Un po’ di allievi e di genitori, molti tecnici, venuti ad ascoltare il luminare di Coverciano, la sede allenatoria della Nazionale.
 
“Lo so, l’ho capito che il calcio non ti interessa. Ma cerca di fare uno sforzo”, mi ha chiesto la Mannarini due giorni prima.
A me per la verità il calcio interessa eccome, se si tratta(sse) di giocarlo. Non mi interessa affatto quando è tifo, ancor meno quando è business, o peggio.
 
Mi aspetto perciò due ore di supplizio su quant’è bello “il calcio” (cioè, appunto, il mix tra tifo e business), su quanto poco faccia (e quanto tanto prenda) lo Stato ecc… e ogni tanto qualche spottino pro domo propria.
 
Mi sbaglio.

L’argomento di gran lunga più gettonato sono i valori. Eh già. L’aspetto formativo dello sport. La competizione sana. La scoperta e la valorizzazione dei propri talenti, ma anche l’accettazione serena dei propri limiti.

Maurizio Seno

Questo è il percorso formativo di base, perché, spiega Maurizio Seno, la “star” dell’incontro, pochissimi riescono a vivere di calcio.

Per tutti gli altri, il “guadagno” sta nell’aver sviluppato al massimo delle loro possibilità il fisico e il carattere, intorno a valori come collaborazione, lealtà, merito, rispetto dei compagni e degli avversari, tensione ai risultati ma riconoscimento del limite.

Un uomo saggio, paterno, che legge prima qualche aforisma di filosofia, poi racconta aneddoti, piccole lezioni di vita pratica. E solo dopo prende in mano il pallone, ma senza mai diventare troppo “tecnico”. Cioè noioso. Bravo, in ogni momento. Il “secondo padre” che ogni genitore voleva vedere accanto a suo figlio.

Sulla stessa falsariga il dott. Sannicandro e tutti gli altri. Senza alcuna eccezione. 

Comune anche il coro contro ciò che turba questa armonia di base dello sport. L’eccesso di soldi in circolazione. Il doping. La frenesia del risultato a tutti i costi. La cupidigia e la  corruzione

La TV è una grande nemica, perché fa passare l’idea che essere campioni significhi essere miliardari e vivere nel lusso – dice Sannicandro. Ma questo è il lato negativo del calcio e dello sport: che per fortuna, come abbiamo detto, tocca a pochissimi.

Gli aspetti positivi – lealtà, confronto, rispetto di regole, compagni e avversari – non fanno notizia e non vengono minimamente messi in evidenza dai media mainstream. Se non quando vengono violati e diventano episodi di cronaca nera sportiva.

La TV diffonde valori sbagliati – è il refrain unanime. E il resto della società, a cominciare dalla politica, non è certo di aiuto.

Per questo è necessario recuperare i veri valori dello sport, contro la quotidiana deformazione televisiva e non solo.

Ma, aggiunge Sannicandro un po’ sconsolato, la potenza di fuoco della Tv surclassa quella di mille conferenze; ed è un fuoco continuo.

E’ un discorso, aggiungiamo noi, che riguarda ogni aspetto del vivere civile. Un supercannoneggiamento a 360 gradi su ogni aspetto di una vita che si cerca in ogni modo di schiacciare sotto il vacuo dominio dell’apparire.

L’incontro finisce tra gli applausi. Duecento mani si battono convintamente e un centinaio di esseri umani, tecnici, genitori, figli-aspiranti-calciatori (ma ufficialmente di quelli con buoni valori) escono nel pomeriggio grigio ad affrontare la deformazione televisiva della realtà (anche) calcistica.

Vinceranno? 

Chissà.

Ma l’alleanza tra sport e scuola è nella logica delle cose. Ancora acerba; ancora da rivedere e rifinire. Da perfezionare.

Si chiama Academy ma è ancora forte l’impronta business, la brandizzazione della provincia a caccia di identità (ahimé) “televisiva”.

Se c’è un difetto grande come una casa, in questa iniziativa, è la sua origine. In un Paese serio dovrebbe essere il Ministro dell’Istruzione a proporre e spingere queste sinergie.

Ma quando mai questo Paese ha visto un Ministro dell’Istruzione degno di questo nome? 

Da noi quasi tutto è ancora giungla. E l’iniziativa privata non sai mai fino a che punto è opportunistica o meritoria, perché in entrambi i casi riempie un vuoto.

Forse – come spesso accade, ma ahinoi, non sempre – il peggio preannuncia il meglio? La scuola scientificamente decostruita e destrutturata troverà nello sport un alleato?

La Cultura presa a calci tutti i giorni ritroverà nel Calcio il sostegno che manca?

Troppo presto per dirlo. Ma la strana coppia Liceo Scientifico-Academy Calcio merita probabilmente una chance.

 
mario albrizio