Il Comune in Default.

Il Comune di Ruvo è stato già condannato, in via definitiva, a risarcire espropri mal eseguiti e congegnati, per un totale, ad oggi, di circa 7,5 milioni di euro. E molte sentenze devono ancora arrivare. I più prudenti calcolano che il conto finale si aggirerà tra 10 e 15 milioni di euro. I più pessimisti arrivano a 50, “approssimati per difetto”.
 
Noi, che siamo ottimisti per vocazione, prendiamo per buona la cifra inferiore: 10 milioni. Circa 400 euro a cittadino, neonati, disoccupati e nullatenenti compresi.  Abbiano o meno avuto un ruolo nella vicenda, e anche se non ne hanno avuto alcuno (la stragrande maggioranza). Persino se non ne hanno mai sentito parlare.

 
10  milioni che il Comune DEVE rimborsare per legge. E che poi DEVE farsi restituire dai proprietari di casa in cooperativa, che sono stati gli effettivi beneficiari di quegli espropri così maldestri.
 
Per essere più chiari: il Comune paga subito. I soci di cooperativa pagano quando possono (ammesso che non tentino le vie legali a loro volta). In teoria quindi il Comune non perde un euro. Deve solo anticiparli.
 
C’è solo un piccolo problemino: il Comune quei soldi non li ha. Neanche lontanamente. E la prima sentenza, già esecutiva, ha la scadenza perentoria del 30 luglio prossimo.
 
Dopodiché – sempre in teoria – il Comune potrebbe essere messo in mora e pignorato. Dichiarato fallito. Default completo. Altro che Grecia…
Con prevedibili conseguenze anche politiche su una Amministrazione sì incolpevole, ma che in materia urbanistica ha clamorosamente mostrato di essere divisa su tutto.
 
Ma come si è arrivati a questo disastro? Sulla soglia del burrone?

 

 
Proviamo a rispondere
Quello in figura è il nuovo (si fa per dire…) PUG di Ruvo di Puglia. Il Piano Urbanistico generale.
 
Il PUG sostituisce (sostituirebbe/sostituirà) il vecchio PRG (Piano regolatore generale), “vecchio” ormai di vent’anni ma ancora quasi vergine perché nel frattempo, salvo limitate eccezioni, è stato di fatto bloccato.
 
Da cosa? Lo vedremo. Ma intanto che era bloccato ha continuato (e continua) tranquillamente a produrre i suoi effetti. Blocco edilizio. Disoccupazione. Aumento spropositato dei prezzi delle case e degli immobili in generale. Emigrazione di residenti in città limitrofe con prezzi più ragionevoli (spesso, la metà). E dulcis in fundo, appunto, un gigantesco contenzioso che potrebbe mandare a fondo il Comune.
 
Ma l’Amministrazione Ottombrini non ne ha colpa. Le cose vengono da molto più lontano, dopo un viaggio lungo vent’anni.
 
In principio fu il comparto. 
Una ventina d’anni fa, nella sala conferenze di via Dell’Aquila, il professor Caputi-Jambrenghi, consulente del Comune e relatore del Prg, si chiese retoricamente se il nuovo Piano Regolatore – collaudato e che andava benissimo in Scandinavia – avrebbe resistito alla prova dei fatti  in un contesto come il nostro, diversissimo e ben più rissoso e frammentato. Il nuovo sistema “a comparti” veniva infatti adottato per la prima volta in Puglia.
 
I fatti hanno detto di sì. Che il Prg a comparti può reggere tranquillamente nel nostro habitat sociale e produrre risultati economicamente eccellenti. Ne è prova provata l’esempio di Molfetta.
 
A Ruvo invece no. Fallimento completo. E qual è la specificità ruvese che spiega un tale fallimento – anzi, un tale, totale, disastro?
 
Prima di rispondere (e risponderemo, come sempre, con la massima chiarezza) abbiamo bisogno di capire cos’è un comparto edilizio.
 
In sostanza, un ventennio fa si decise che Ruvo aveva bisogno di un tot di nuovi vani abitativi, e fu individuata, per costruirli, un’ampia mezzaluna che va, approssimativamente, dal Liceo alla via di Terlizzi, passando per via Corato. Una mezzaluna quindi lunga qualche chilometro e larga 300 metri dopo la circonvallazione, verso Corato/Bisceglie/Terlizzi.
 
Se date un’occhiata alla figura, riconoscerete facilmente la zona di espansione, la mezzaluna, divisa in quadratini/rettangoli identificati da lettere di alfabeto.
Ogni quadratino, è un comparto. Ma non basta.
 
La logica del comparto infatti è (ironia della sorte) quella di evitare o limitare al massimo il contenzioso: proprio il contrario di quello che è accaduto.
 
Perciò ogni comparto viene diviso in due parti, ciascuna delle quali si chiama sub-comparto. Uno di questi è destinato alla “normale” edilizia privata (un costruttore costruisce e vende ad altri i suoi appartamenti). L’altro ad ERP (Edilizia Residenziale Pubblica), ovvero cooperative: gruppi di cittadini che si uniscono per costruire la propria casa in condominio, che NON potranno rivendere per un certo numero di anni. 
 
Ovvero: i proprietari dei terreni ricadenti nel comparto, che vengono ovviamente espropriati, vengono risarciti sia economicamente che con la possibilità di edificare nella parte “privata” del comparto.
 
E qui, come si suol dire, casca l’asino.
mario albrizio