Caro Pasquale, ma dov’è la Cultura?

 
Lettera aperta all’Assessore alla Cultura, Pasquale De Palo
 

 






Caro Pasquale,

tra tanti attestati di stima, che pubblicamente ti riconfermo – è venuto il momento di sottoporti qualche critica, come sempre costruttiva, ma sincera, forte e senza indoramenti – i cui lati propositivi sono sicuro saprai apprezzare – e che sento di doverti proporre anche sotto forma di lettera aperta, perché mi pare fondamentale suscitare un pubblico dibattito su questo tema così vitale.

Avrei voluto scriverti queste cose l’anno scorso, quando il maggior “evento culturale” fu il concerto di Fabio Concato.

 
Ma ti eri appena insediato, e capivo che uno, per quanto bravo sia, deve prima rendersi conto, e nel frattempo magari fa quel che può. E un po’ quel che capita.
 
Oggi però, a distanza di un anno, quelle attenuanti attenuano molto meno.
 
Perché il nuovo “evento dell’anno”, il concerto di Edoardo Bennato, ricalca pari pari quello dell’anno scorso, lasciando quindi intravvedere non un fatto episodico, ma una precisa strategia. O una precisa non-strategia.
 
Ora, a parte la (secondo me, ingiustificata) spesa pubblica per questi “eventi”, quando operazioni culturalmente ben più solide e affascinanti vengono puntualmente respinte perché “non ci sono soldi” –  a parte tutto questo, vorrei sapere: dov’è la Cultura?
 
Capisco bene che le tue deleghe sono tante (non per tua responsabilità): Cultura, Sport, Spettacolo, Turismo.
 
Allora, però, derubrichiamo questi eventi nella loro giusta categoria: Spettacolo. Intrattenimento. Perché quello sono, e nulla più.

La Cultura, Pasquale, è un’altra cosa. Non è l’apparire di due ore del messia di turno che tra luci e vapori sciorina la sua messa cantata. E’ il lavoro duro, oscuro, quotidiano, ma essenziale e forte che fa crescere una collettività. Che forma cittadini. Che crea possibilità espressive, creative, di crescita condivisa.

 
Siamo già pieni di pulpiti e cattedre e seggi e mezzibusti e quant’altro dove personaggi di varia credibilità ci dicono cosa dobbiamo pensare, o credere, o come dobbiamo votare o cosa acquistare. 
Francamente, non si sentiva e non si sente la mancanza di un altro palco in cui ci dicano come “divertirci”, o “evadere” come scrivono i siti entusiasti – sempre ammesso che il divertimento e l’evasione (che hanno sicuramente la loro dignità) siano Cultura.
 
A me, pare proprio di no.

Riempire pizzerie, alberghi e ristoranti – sempre prendendo per buone le cronache locali – può essere magari promozione, e al limite, molto al limite, può avere qualcosina a che fare col turismo.
Ma, di nuovo, che ci azzecca la Cultura?
 
La Cultura, Pasquale, è un’altra cosa.
 
Porgere il microfono al divo di turno, mentre tanti nostri ragazzi di talento si perdono o mendicano la seratina nei posti più improbabili – montare un palco, mettere su tutto quell’ambaradan che certifica che sì, anche noi siamo diventati gioiosamente sudditi del circo mediatico, anche noi possiamo permetterci di fare venire il “nome”, anche noi, come Totò e Peppino in quel film memorabile, possiamo riempirci le tasche di spaghetti al pomodoro. Magari ci può stare, chissà.
 
Ma che c’entra la Cultura?
 
Cultura è PRODUZIONE, non intrattenimento. VALORIZZAZIONE, non appiattimento. È precorrere, è intuire e precedere il cambiamento, non seguire il peggio del peggio delle cittadine vicine o meno. CULTURA/COLTURA della CREATIVITA’, non sua mortificazione con il privilegiare quel che passa il convento mediatico.
 
E non voglio infierire sulla pulcinellata di far pagare il biglietto per uno spettacolo di piazza già a spese del Comune e dei cittadini. Ma che senso ha?
Capisco se l’organizza un privato. Ma qui? 
 
E che pena la “giustificazione” di chi dichiara che però sono stati fatti sedere gratuitamente una ventina di famiglie indigenti e una sessantina di disabili e accompagnatori.
Ma qualcuno mi vuol dire che diavolo significa?
 
Per TUTTI doveva essere gratis, visto che il concerto è già pagato con fondi pubblici o elargizioni di cittadini. 
 
Semmai sarebbe stato bello riservare tutti i posti, ovviamente GRATIS, ai poveri, ai disabili, agli anziani, alle donne e così via. E senza stupide, vergognose e ingiuste transennature.
Invece ci siamo fatti abbagliare come sempre dal soldino, facendo contemporaneamente la figura degli spacconi e di chi non se lo può permettere e deve recuperare in qualche modo le spese.
 
E anche qui: forse vecchie sagre paesane; forse l’antico panem et circenses per imbonire la folla; magari un pizzico di business alla buona (se vogliamo giustificarlo in qualche modo).
 
Ma dov’è la Cultura?
 

A volte ritornano
Dopodiché – a proposito di biglietti per spettacoli pubblici in piazza – c’è il Talos. La grande novità dell’anno (a questo siamo ridotti…).
 
Ora, premettiamo che se io fossi al tuo posto, a uno come Pino Minafra affiderei non 40.000 ma anche 400.000 euro. E troverei il modo di procurarli.
 
Sai anche che ne abbiamo parlato e avremmo dovuto/potuto portare avanti un discorso ben più complesso e strutturale, con te e con Pino.
Poi avete deciso di andare avanti da soli, perché evidentemente, anche se non è stato mai detto esplicitamente, non condividevate la mia strategia.
 
Perché come al solito a me interessano Cultura, Creatività, Innovazione.
 
A voi, soltanto resuscitare il vecchio Talos Festival, ormai un relitto del passato – un gioiello del tempo che fu, che per responsabilità di molti ha perso il suo tempo, ha rovinato la sua chance, ha smarrito la sua strepitosa primogenitura ed è diventato uno dei tanti mini-festival jazz sparsi nella regione, non più glorioso e magari più arrancante di altri, fino a naturale estinzione.
 
Oggi si impegnano cospicue (e senza dubbio insufficienti) risorse pubbliche per resuscitare un festival che ha perduto per sempre, irrimediabilmente, il suo smalto, la sua primogenitura e la sua primavera. Al massimo, una discutibile operazione nostalgia, che ci costerà cara e che con ogni probabilità, per tentare (senza riuscirci) di far quadrare i conti dovrà ricorrere all’ennesima pulcinellata di far pagare i biglietti per uno spettacolo già pagato con fondi pubblici. 
 
Si poteva fare ben altro, e ben meglio, ma su questo non discuto. Avevi, ed hai, Pasquale, tutto il diritto di non condividere la mia idea (che peraltro hai verbalmente approvato).
 
Ma, in tutto questo, dov’è la Cultura
Qual è il messaggio da trasmettere ai cittadini? C’era una volta il Festival in cui eravamo all’avanguardia anziché inseguire? Guardate com’era il festival che non abbiamo saputo mantenere vivo? Oppure ehi, ci siamo anche noi, ri-abbiamo anche noi il nostro piccolo festivalino.
 
I tempi sono cambiati, Pasquale. Un festival per ogni città non è la via giusta. Non è neanche una via. È il solito rinchiudersi nel proprio orticello, che alla lunga fa morire tutte le coltivazioni. Con Pino Minafra a disposizione, si poteva, e si doveva, mirare a qualcosa di più, se necessario convincendo Pino a superare il comprensibile legame affettivo con la sua ex creatura.
 
Posso capire i mille motivi che ti hanno portato, Pasquale, a questa scelta, non esclusi quelli politici. Ma, di nuovo, la stessa domanda mi ossessiona e non trovo risposta. Dov’è la Cultura?
 
In che cosa questi “eventi” si caratterizzano per l’aspetto “culturale”, cioè umanamente colturale: in che cosa coltivano ed estendono una qualche pubblica o privata virtù? In che modo aiutano ad essere e a formare cittadini migliori? In che modo lasciano un segno positivo, di crescita, nel nostro vivere civile? In che modo ci lasciano qualcosa, come collettività, anziché evaporare nelle nebbie del momento e svanire nel nulla del già visto?
 
In che modo GUIDANO la città e la società, anziché appiattirla sulla brutale consuetudine spettacolistico/evasiva, e schiavizzarla al rimorchio della fabbrica di banalità televisive o (peggio) aspiranti alla televisivizzazione?
 
Questa è Cultura, Pasquale. Cultura è quello che RIMANE, non quel che passa. Cultura è quel che GUIDA, non quel che insegue. Cultura è quello che forma, non quello che si adatta all’altrui deformità.
 
Ma può darsi che mi sbagli. Perché allora non lo chiediamo a chi fa veramente Cultura nel nostro territorio e, soprattutto, nella nostra collettività (e non solo)?
 
Perché non lo chiediamo ai ragazzi del Teatro Comunale? Agli altri gruppi teatrali come Kuziba e Menhir. Alle mille associazioni di ragazzi in gamba come i Marlin, i NoixVoi, i Dimmicosavedi, i Bianco su Nero. Agli altri (tanti) che sicuramente dimentico. Ai mille che suonano, scrivono, dipingono, ballano, cantano o si esprimono negli infiniti modi della creatività umana.

Fare Cultura significa valorizzarli, creare per loro le opportunità – scoprire magari tra loro il nuovo Bennato, o qualcosa di meglio, che porti la città in giro per il mondo anziché (solo) il contrario. Anzichè scontare tutti i giorni questa micidiale e ingiustificata sudditanza culturale, che porta a desiderare, invitare, pagare e applaudire qualunque paccottiglia mediatica, come se fossimo il villaggio sperduto del far west che va in subbuglio ogni volta che arriva uno “straniero”…
 
Cultura è questo, prima di ogni altra cosa. Scoprire, coltivare, valorizzare queste energie inattuali, economicamente “in perdita”, dare loro delle occasioni e metterle a frutto, per fare di quelle persone creative dei talenti riconosciuti e non dei futuri (e un po’ banali) disadattati con la sindrome dei geni incompresi.
 
Creare opportunità. Coltivare creatività. Produrre bellezza e serenità. Questa è Cultura.
 
E’ questo lo spirito con cui sono nate VieDiFuga e Partecipare, la prima per i creatori di bellezza, la seconda per cittadini creatori di se stessi.
 
Questa, per noi, è Cultura.
 
Ma, nel caso che ci sbagliamo, ti propongo, Pasquale, di chiederlo alla Città. E non solo.
 
Ti propongo una Notte della Cultura.
 
Una settimana in cui le associazioni locali (e non) proporranno la loro idea, il loro spettacolo, il loro happening, il loro concerto, la loro installazione e quant’altro.
 
E una notte finale in cui tutto accadrà contemporaneamente.
 
Questo significa fare Cultura. Mettere la propria città al centro dei riflettori. Ma creativamente, con proposte innovative e non con stanche ripetizioni e respirazioni bocca-a-bocca. 
Valorizzando il proprio immenso patrimonio anziché indebitandosi per far sfilare quello altrui.
 
Ci stai?
 
Lo proponiamo alla Città?
 
mario albrizio