Sud, il Tesoro Nascosto



L’inedita saletta allestita all’uopo ai Domenicani è piccola e comprensibilmente piena, gente in piedi, altri che arrivano in continuo. Si presenta Controvento, il saggio su energia eolica/politica/territorio di Antonello Caporale.

Buona parte del locale stato maggiore del Pd, a partire dal Sindaco Ottombrini, giù fino agli assessori De Palo e Lovino, qualche consigliere comunale e un pubblico riconoscibile in gran parte di area centrosinistra. Strano, perché l’argomento è di rilievo generale. Forse gli effetti del sabato, chissà.

Più tardi però arriva Giovanni Mazzone, fresco di nomina al Direttivo provinciale Pdl – mostrando come sempre una sensibilità diversa e più aperta rispetto ad altri leader più trinariciuti e per così dire di recinto.


Inizia Lia Caldarola, nella insolita veste di moderatrice. Poi il Sindaco. I convenevoli del caso. Poi attacca Caporale.


Il giornalista-saggista di Repubblica dimostra meno dei suoi cinquant’anni (“avevo 19 anni nell’80”), un’aria da amicone avvezzo alle conferenze e al piccolo aneddoto sapientemente dosato; ma l’eloquio forte e tranquillo ne tradisce la maturità, senza sminuirne la passione civile, tradotta in discorso “moderato” e appena addolcita, a tratti, da un lieve accento napoletano.


Napoli ha perso 120.000 abitanti – attacca – negli ultimi 10 anni. Nei prossimi 10, il Sud perderà un milione di giovani. Diventerà “un ospizio a cielo aperto“.

Parla della politica schiacciata dagli interessi economici,  e non di rado criminali. Di un Parlamento-Ornamento, con funzione meramente scenografica. Una distorsione che pesa su tutto il Paese, a cominciare dal Sud – che come sempre paga prezzo doppio.


“Negli ultimi 10 anni la maggiore industria di Napoli è stata la spazzatura. I mucchi arrivavano al terzo piano. Si creava l’emergenza per ottenere fondi per combattere l’emergenza.” In dieci anni qualcosa come 7 miliardi di euro.


Questo dimostra che non mancano i soldi – dice. Mancano le idee. L’industria della spazzatura è il parto mostruoso degli appetiti della criminalità uniti alla mediocrità della classe dirigente.


Perché è lì – nella classe dirigente, il nostro vero peccato. “Abbiamo selezionato la classe dirigente sbagliata” perché abbiamo selezionato i mediocri. Il mediocre, specifica Caporale che sull’argomento ha scritto un saggio, non è necessariamente criminale, anzi raramente lo è. Ma è uno che si aggrega a una cordata e aspetta che il capocordata gli dica cosa fare.


Non pensa. Non elabora strategie. Non risolve problemi. Aspetta ordini. Magari pregando che arrivino col solito ritardo o con la solita confusione, così non dovrà neanche prendersi l’onere di farli rispettare.


Anche quando si tratta di eolico o fotovoltaico, racconta, i Sindaci e le Amministrazioni comunali si accontentano di poco, delle briciole. Che puntualmente spendono per la squadra di calcio o per la proloco.


Racconta di un Sindaco che dice a un imprenditore dell’eolico: “tu vuoi darmi 100.000 euro per dieci pale? Ma mettine 20 così me ne dai 200.000“.

L’oltraggio al territorio – chiosa – non conta. Conta soltanto il piccolo cabotaggio, la divisione delle briciole,  la bassa macelleria clientelare.

Una classe dirigente che non pensa al futuro. Non ne ha la capacità. Il suo orizzonte è “chiuso fra il pranzo e la cena”.


Nessuno pianifica. Nessuno fa project financing. Nessuno propone: “Ok, io ci metto il territorio e il vento; tu ci metti le pale; gli utili li dividiamo a metà“. No. Il solito piatto di lenticchie e via.


Soldi pubblici (finanziamenti europei, Por) che si disperdono in mille rivoli privati. E ai cittadini, alle Istituzioni, al Pubblico, rimane solo un territorio devastato. Una regola sistematica. Quasi che avessimo un conto aperto con la natura.


“A noi non piace la natura. Ci piace il cemento. Ne consumiamo più di ogni altro al mondo, a parte la Cina.” Che però cresce a due cifre ed è in una ben diversa fase di sviluppo.


La soluzione: favorire la partnership pubblico-privato (risorse naturali contro capitale) e costituire autorità di controllo sia dell’energia che del territorio. Il benessere dell’una finanzia quello dell’altro. “Col vento e col sole che avete in Puglia” ecc… ecc…


Certo – vien di pensare – se solo quel vento potesse spazzare il quadro e fare un po’ di pulizia…


L’energia come la Scuola, come la Sanità: lo Stato – è il discorso di Caporale – dovrebbe investire sul pubblico, e proteggere il proprio investimento promuovendo l’efficienza e il merito. A partire dal Sud, che ne ha doppiamente l’opportunità e il bisogno.


Poi – con sprezzo del pericolo – racconta di quella giovane parlamentare che, alla domanda “Lei legge?” rispose: “No, sto ancora studiando”.


La sala esplode in una risata liberatoria. Ma il perfido ragazzo di cinquant’anni aggiunge: era del Pd.


Il parterre incassa con fair play e qualche mugugno. In tutte le menti presenti passa la rapida rassegna delle “alternative” negli schieramenti concorrenti – perché l’arte antica della consolazione, il mezzo gaudio figlio del mal comune, è una medicina diffusa, se non abusata. In fondo ci sono contromisure dialettiche millenarie già pronte per l’uso: solo una mela marcia, una rondine che non fa primavera, capita in tutte le famiglie, nessuno (partito) è perfetto e così via all’infinito. Ci si consola, quando non si può mirare alla perfezione.


Un impegno ci chiama proprio alla fine dell’intervento del giornalista. Dobbiamo andare.


Portiamo con noi l’ennesima bella conferenza e quella specie di tarlo che ama risvegliarsi quando sente odore di speranza – così come la cattiva politica prospera sulla pelle della brava gente.

Un malessere di pancia che contrasta col ristoro del cervello. Perché la pancia, a volte, in qualche modo ne sa di più.

E il cervello poi ci arriva, pian piano, magari mentre esci nella sera. Ecco che è riuscito a formulare la domanda che di pancia, senza logos, senza parole, era già entrata da un pezzo: com’è che tutti quelli che hanno buone idee fanno le conferenze; e quelli che dovrebbero realizzarle quasi mai ne hanno o se ne curano?


Il divorzio tra la Politica e la Cultura (che ha ridotto entrambe a politica e cultura, ad arte dell’inganno e ad arte dell’intrattenimento ingannevole) è una storia antica. Una ferita mai rimarginata. Chissà che non sia giunto il momento di cominciare a curarla.


Niente di serio, ovviamente. Solo pensieri che residuano nella mente, di ritorno dallo splendore settecentesco dei Domenicani, dalle luci e dalle penombre dei grandi porticati pacificati, dal brillare delle intelligenze che si confrontano e comunicano.


Mentre raggiungo l’auto mi sorprendo a pensare anch’io, reso dagli anni più saggio o più cieco (se c’è differenza), che la vita è un’altra cosa. 


Poi tutto si perde nella sera fresca, sotto il brulicare disordinato delle luci, al di là del quale, forse, prova inutilmente ad entrare il baluginio di qualche stella.


Il vento è gelido, ma c’è. Per ora, ancora una risorsa inutilizzata.

 
 
mario albrizio