Il ritorno di Attila


Davvero, pensavo che non me ne sarei più occupato. Ero lì tranquillo a lavorare sul caso Moro e a tutto avrei pensato, tranne… Ma che ci vuoi fare? A volte ritornano.


E sei costretto a riaprire il libro, pubblicamente, per una semplice questione di verità e trasparenza – sapendo bene che altri, sennò, terrebbero ben oliata la macchina del fango. 


Come molti cittadini ricordano, infatti, sono stato pubblicamente e platealmente minacciato, durante un comizio nella piazza principale della città, in una fase incandescente della scorsa campagna elettorale – sono stato minacciato di querela e additato come nemico pubblico, per aver pubblicato Attila, lettera a Matteo su questo sito.


Ora, se uno ritiene di essere stato offeso, è sacrosanto che abbia il diritto di querelare. Farlo in piazza però, all’apice di un comizio pieno di veleno
per gli antagonisti; lo stesso comizio al termine del quale il minacciatore non voleva saperne di lasciare il palco per dare posto, come prescrive la legge, a chi ne aveva diritto – farlo nella piazza più “politica” della città, minacciare brandendo la clava emotiva comiziale, e per di più in una piazza gremita di suoi supporters eccitati e al massimo del climax elettorale – ha il chiaro sapore della intimidazione e dell’avvertimento di un certo tipo.

Non siamo ancora ai criminali comizi dannunziani contro Giolitti – anche perché io, ahimé, non sono Giolitti; e lui non è neanche D’Annunzio, e per fortuna l’Italia non è appena uscita dalla guerra e in via di fascistizzazione – ma la via è quella.


Tuttavia, ci sono passato sopra. Era importante raggiungere un risultato di democrazia – e l’abbiamo raggiunto. Questo mi ha fatto lasciar perdere le minacce e le contumelie. Insomma, come sempre, ho fatto il signore. E come sempre ho sbagliato.


Così come ho sbagliato in tutti questi mesi quando, ai diversi amici e conoscenti ma anche a qualche non conoscente, che mi hanno chiesto se quelle minacce si fossero poi concretizzate in una denuncia, ho risposto con disarmante sicurezza: ma va, figuriamoci se è così sprovveduto. Lo è.


A questi amici e conoscenti chiedo scusa. Non sapevo che la Magistratura avesse avviato indagini. Ho solo ricevuto, qualche giorno fa, la comunicazione di chiusura delle indagini. Quella di apertura si dev’essere persa. Strano. Perché la legge prevede che l’avviso di avvio di indagini possa essere non dato solo se il processo è a carico di ignoti (ovviamente – ma non è questo il caso); oppure se vi sono ragioni di segretezza


Ma poiché le accuse sono mosse sulla base di un articolo PUBBLICATO su questo sito, nonché trasformato (da altri) in manifesto, e quindi di nuovo pubblico – le ragioni di segretezza quali sarebbero?


Ma tant’è.


Quindi, amici, perdonatemi. Io vi ho detto come sempre la verità, ciò che sapevo in coscienza. Perché io, alla verità, tengo. Più di ogni altra cosa.


Andiamo invece a vedere quanto ci tiene il mio minacciatore/accusatore.


I precedenti

Innanzitutto i precedenti. Perché Attila mi ha già denunciato molti anni fa. Quella volta un po’ più civilmente, senza arruffare folle. Riteneva che gli avessi dato del mafioso, in uno storico articolo sul glorioso Partecipare, a tutt’oggi, lasciatemelo dire, insuperato esempio di informazione libera in questa città e non solo. E di cui presto riprenderemo la pubblicazione.

In realtà il mio discorso era ben più sottile a articolato – ma via, ognuno lo interpreta come crede e può. E gli psicologi sanno che l’interpretazione è più spesso espressione dell’auto-rappresentazione e dell’auto-percezione – che non del dato oggettivo.


La cosa strana è che, non appena giunti in tribunale, il presunto offeso e i suoi avvocati (pagati, c’è da dirlo? dal Comune) si mobilitano per cercare un accordo. Coda di paglia? O un improvviso accesso di lucidità e di consapevolezza, di fronte alla prospettiva che un Giudice metta il naso nel loro armadio, per capire e giudicare? Chissà.


Fatto sta che l’accordo glielo concedo. E a tutt’oggi io e l’avvocato Di Paola (il mio legale di allora) stiamo per così dire ancora aspettando che lo rispettino…;-)


Chiedere per credere.



La ricaduta

E oggi ci risiamo. Probabilmente si è lasciato trasportare dall’onda minacciosa del comizio, magari spinto da qualche sodale impaziente di “dare un segnale”. E così ha fatto denuncia.

Il guaio è che non solo, ovviamente, le sue “accuse” non stanno né in cielo né in terra. E, al di là della mia incrollabile fiducia nella Magistratura, vorrei vedere un solo giudice della Repubblica che possa dar loro peso.


Il guaio vero è che, ancora una volta, per “discutere” quelle “accuse” dovremo tirare fuori tutto ciò di cui l’amico unno non vuole e non ha minimamente interesse che si parli.


E ora come ne vieni fuori, amico mio? Perché non è che mo’ te ne esci con un’altra proposta transattiva, vero? Perché quelle sono grazie che si fanno una volta sola; e anche quella è di troppo.

Le accuse
Ma quali sono, nello specifico, le accuse? Lasciamo parlare gli atti:


Citiamo testualmente dall’avviso della Procura. Inseriremo dei numeri come questo 0 per evidenziare e rendere più leggibili le accuse, se tali possono essere chiamate.


…del reato p. e p. dagli artt. 81- 595, commi 1, 2 e 3, c.p. perché, 1 con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, offendeva l’onore e la reputazione di Paparella Matteo, candidato alla carica di Sindaco del Comune di Ruvo di Puglia, 2mediante la pubblicazione all’interno del sito http.//ruvolibera.com e la 3affissione sulla pubblica via di un articolo intitolato “Attila (Lettera a Matteo)”, contenente i seguenti commenti e fatti riferiti al predetto:4  “Così come il preside Montaruli non è uscito vivo dal tunnel in cui probabilmente proprio tu l’hai precipitato: morto suicida qualche anno dopo. Una persona pulita, che non è sopravvissuta psicologicamente al più grande massacro didattico ed istituzionale della storia di questa città. Un comandante valoroso, sconfitto e privato di scalpo dal capo politicamente più sleale e selvaggio della nostra storia. Sono sicuro che c’è anche lui, con me, adesso. Insieme ad un intero liceo oltraggiato, violentato, saccheggiato e distrutto dalle orde barbariche”5 “sul tuo certificato elettorale dovrebbe esserci scritto a caratteri cubitali, per il bene di tutti: SE LO CONOSCI LO EVITI”6“non avevo neanche minimamente idea dell’inferno clientelare contro il quale mi aveva chiamato il destino”7“tutti i colleghi e il personale ATA furono avvicinati da Attila o dai suoi soldati”.

Fatto commesso in Ruvo di Puglia il 812 e il 24.05.2011.
Con le 9aggravanti dell’avere attribuito un fatto determinato a mezzo di pubblicità.

Iniziamo.

1Come premessa, bisogna dire che i moduli utilizzati da Procure e Tribunali andrebbero seriamente rivisti, perché la loro sola lettura è offensiva per qualunque persona perbene. 


C’è modo e modo di fare e comunicare. E questo modo borbonico-savoiardo davvero non fa onore ad una nazione che è giustamente annoverata tra le culle del Diritto.


Accertare la verità è un diritto-dovere sacro. Trattare il cittadino da colpevole prima ancora del giudizio, è tutt’altro: è il massimo del sacrilegio e della profanità. E tale è sicuramente la famigerata formula delle più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, che una pratica sciaguratamente lunga non ha reso meno deleteria e offensiva.


Anche perché in casi come questo è una formula completamente errata e fuorviante. Perché io ho solo pubblicato un articolo. Dove sarebbero le altre azioni esecutive del medesimo disegno criminoso?


E, soprattutto, dove sarebbe il disegno criminoso? Perché così mi si accusa sostanzialmente di aver scritto l’articolo NON per ristabilire un po’ di verità e di senso della realtà, ma per far male a qualcuno. Il che è totalmente falso e, questo sì, profondamente diffamatorio

Io non avrei mai scritto alcun articolo se non mi fossi trovato davanti, improvvisamente, in casa mia, l’intollerabile oscenità del famigerato “cronoprogramma” elettorale del suddetto offeso candidato sindaco.


Io non avevo alcun disegno, né criminoso né di altro tipo. Semplicemente, di fronte a una incredibile e colpevole distorsione della realtà e della storia, sono dovuto intervenire.


Ma, mi si dice, che ci vuoi fare? Sono i moduli, sono validi per tutti e per tutto


Beh, con tutto il rispetto: col cavolo. La legge, dev’essere uguale per tutti. Non i moduli. 


Gli operatori di Giustizia si degnino di descrivere i casi nel modo più possibile aderente a quanto successo o contestato. Perché nessun caso è uguale a un altro. E non è accademico ribadire che si è completamente INNOCENTI fino a (eventuale) condanna definitiva.


Allora si trattino gli innocenti da innocenti. Il rispetto del cittadino passa anche da qui. 


2 in realtà il sito è ruvolibera.it, non .com. Il .com è solo un redirect. Può sembrare una sciocchezza ma non lo è affatto. Perché sono due domini diversi, e teoricamente il .com potrebbe essere di proprietà di chiunque altro. Cioè starebbero facendo causa alla persona sbagliata, magari residente a Singapore, chissà. Sarebbe bastata una semplice ricerca su internet, ma tant’é: gli accusatori avevano fretta (ed è la cosa migliore che possiamo pensare).


3 affissione sulla pubblica via: mi spiace ma io non ho affisso un bel niente. I manifesti sono stati voluti, finanziati, stampati e affissi da un comitato di cittadini riunitosi liberamente e per un obbiettivo di liberazione civile. Io non c’entro proprio per nulla, e accusarmi dell’affissione – questo sì – sa di calunnia e di diffamazione.

Ma – ancora più importante – i baldi accusatori dimenticano di citare che lo stesso testo è stato usato, stampato, fotocopiato o in altro modo riprodotto e distribuito, verosimilmente in migliaia di copie, sia dalla coalizione di centrosinistra, sia da quella di centrodestra, fatto più unico che raro e ben significativo.


Fatto che dimostra, insieme agli altri, che un’intera città non ne poteva più e voleva liberarsi dalla opprimente (e non richiesta) tutela del mio accusatore tutto-facente e tutto-risolvente.


Aggiungo che su RuvoLibera il suddetto articolo è stato visto almeno 2.000 volte, una cifra impressionante che parla da sola. Come se un articolo nazionale fosse visualizzato da oltre 4 milioni di persone. Nessun giornale nazionale, in proporzione, è così letto. Figuriamoci un singolo articolo.


Attila è senza alcun dubbio il testo complesso più letto di tutta la storia cittadina. E questo vorrà pur dire qualcosa.


In conclusione, mentre l’accusatore/minacciatore estrapola qualche frase qua e là di un articolo ben più complesso, ed evidentemente appassionante per la città – per dare l’idea di un attacco che venga a un “candidato Sindaco” da un cittadino isolato e magari un po’ spostato – la dura realtà è come sempre il contrario di ciò che prospetta il minacciatore/accusatore: è stata una liberazione di popolo. Finalmente!


Attila, lettera a Matteosenza dubbio può aver dato il la ed ha sicuramente svolto un ruolo importante, per certi versi fondamentale. Ma, in fondo, non ha fatto che esprimere l’urlo di liberazione di una intera città, o della sua gran parte.


Questa è la realtà che le povere e misere (e imprecise) citazioni della controparte vorrebbero nascondere. Ma no problema. Forniremo al Giudice tutto il materiale che serve.


4 “Così come il preside Montaruli non è uscito vivo dal tunnel in cui probabilmente proprio tu l’hai precipitato: ecc… Confermo: era ed è la mia opinione. Il prof. Montaruli era un Docente con la maiuscola, che si identificava con la sua scuola. Il trauma per lui dev’essere stato terribile. Come può esserlo per ognuno di noi vedere la propria casa espugnata e in mano ad altri. Ed anche se era un uomo forte, anche fisicamente imponente, che cercava di nascondere i problemi e di infondere sicurezza – nel suo intimo qualcosa si dev’essere rotto per sempre. Potrei aggiungere altro ma mi fermo qui. 

Un giorno forse, quando la nostra “scienza” sarà meno rozza, riusciremo a capire che il clientelismo e le sue violenze fanno più vittime dell’amianto o dei tumori. Solo che non si vede. Ma un filosofo, un medico dell’anima, lo vede eccome. Ne individua le tracce. Le isola. Le descrive. E un giorno magari avrà anche la soddisfazione di essere ascoltato. Nel frattempo, la sua, per quanto in scienza e coscienza, è solo un’opinione.


Ma un’opinione non fa un’accusa, amico mio che sventoli querele dal palco. Sono due cose ben diverse. E l’opinione in questo Paese è ancora libera. Hai fatto caso a quell’avverbio, “probabilmente“? 


Gli avverbi contano. Vuol dire che io lo penso ma non ne sono sicuro/non posso provarlo, e chiunque lo interpreterebbe così. Tu, no? 


La conferma ti arriva facilmente da questa considerazione: che se mai avessi potuto trasformare la mia convinzione in accusa, non avrei certo scritto un articolo: ti avrei trascinato in tribunale da un pezzo. O credi di no?


5 “sul tuo certificato elettorale dovrebbe esserci scritto a caratteri cubitali, per il bene di tutti: SE LO CONOSCI LO EVITI”. Confermo. Lo pensavo e lo penso. Ma il reato dov’è? Nell’avere una libera e disinteressata opinione? Vogliamo chiedere quanti cittadini sono della mia stessa idea?

6 “non avevo neanche minimamente idea dell’inferno clientelare contro il quale mi aveva chiamato il destino”. Confermo. E ancora oggi non mi capacito. E quindi? È reato? 

Cioè, vorrei capire: non è più reato il clientelismo, lo stupro continuo della cosa pubblica (che ovviamente non riguarda un solo politico) e invece è reato essere contro il clientelismo e per il merito? Se è reato qualcuno me lo spieghi, e sarò lieto di dichiararmi colpevole.


Ah, ho capito. Forse si vuol dire che Matteo non fa/ceva clientelismo. Beh, una volta finito di ridere (e piangere) direi che su questo potremmo tranquillamente organizzare una petizione popolare….;-(


7 “tutti i colleghi e il personale ATA furono avvicinati da Attila o dai suoi soldati”. Embè? A parte che io ho scritto “sodali” e non “soldati” – che fa già una bella differenza. Dopodiché, qual è l’accusa? 
Fatto commesso in Ruvo di Puglia il 812 e il 24.05.2011 L’articolo in realtà è dell’11 maggio. Ed è stato online fino al 27, giorno in cui la rottura del server ci ha costretti ad un lungo e fastidioso periodo di migrazioni informatiche. Perciò, che senso hanno quelle date, 12 e 24? Mah…

9 aggravanti dell’avere attribuito un fatto determinato a mezzo di pubblicità.
Io veramente non ho capito quale sarebbe il “fatto determinato” che avrei attribuito. Tu, Lettore, lo hai capito? 

E che significa “a mezzo di pubblicità”? Perché, si può attribuire un fatto tenendolo nascosto? Ma qui non si sa se la colpa è del minacciatore/accusatore o dei soliti moduli. Perciò, transeat.


E questo era l’antipasto, Matteo. Per il piatto forte, ci vediamo in Tribunale.


 

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mario albrizio