Così si uccide una democrazia – 2

2. Diversamente liberi




Il 19 marzo 1978 l’Italia si sveglia con questa foto e i titoloni dei giornali. Una foto drammaticamente potente, che fa subito il giro d’Europa  e del mondo.


Moro è vivo, titolano i giornali. Con 5 uomini di scorta massacrati c’è poco da essere allegri. Però, almeno un filo di speranza c’è.
Moro è vivo. Ma è solo l’inizio del calvario.

Il giorno precedente, il 18 marzo, le Br hanno fatto ritrovare il primo comunicato, allegando questa foto che fa tirare un sospiro di sollievo ad un’Italia da tre giorni col fiato sospeso – e che da inizio alla fase più drammatica della Storia della Repubblica.

L’uomo più importante d’Italia, come lo chiama Gianni Agnelli, è loro prigioniero.

L’espressione di Moro è talmente emblematica, talmente ricca di significati e di sfumature, talmente chiara e insieme indecifrabile – che l’unica altra immagine famosa a cui la si può paragonare è quella della Gioconda di Leonardo, e non sono sicuro che il capolavoro del Louvre ne uscirebbe vincitore.

Vi si legge il fondamento di un animo sereno, forte. Sul quale si innestano mille risvolti e mille venature drammatiche. Vi si legge l’angoscia, l’ansia, il ricordo e lo sconvolgimento dell’orribile carneficina che ha dovuto attraversare. Ma anche la tristezza, la preveggenza della fine (contro cui combatterà fino all’ultimo), la dignità, la sorpresa, la delusione, l’umiliazione, la voglia di non mollare…

La remota speranza di un blitz liberatorio, un’infinità di messaggi, il dubbio sistematico (ma sta succedendo davvero? sono proprio io? o è un incubo da cui mi sveglierò?), la costrizione, la speranza in un ribaltamento dei ruoli e la fiducia, ancora non scossa, nell’aiuto e nell’impegno dei compagni di partito: dello Stato e del Governo di cui è stato il massimo artefice e il demiurgo. E tanto altro che nessuna analisi potrà spiegare esaustivamente.

Un uomo in mezzo alla tempesta, e che ha la tempesta dentro – ma che nondimeno si impone di restare calmo, di salvare il salvabile, di giocare la sua partita fino in fondo. La brigatista Anna Laura Braghetti, la sua “carceriera”, dichiarerà davanti ai giudici che Moro è stato l’unico a mantenere il controllo di sé, fino all’ultimo.

34 anni dopo, quella polaroid trasmette ancora tutta la sua angoscia. Con in più un sottofondo di dramma in atto, vivo, tale da fare assurgere quella foto a icona del nostro tempo e della nostra condizione di popolo non libero o, per così dire, diversamente libero.

No, decisamente Monna Lisa non può reggere il confronto. Qui l’artista è molto più potente. E’ la Storia. La Vita che si fa Significato, Simbolo e Messaggio.

I prossimi 51 giorni daranno lo svolgimento di questo dramma di cui per ora si conoscono gli attori principali, il rapito e i rapitori, dietro una scia di sangue che ha portato con se cinque vite e la fiducia di una nazione.

Una scia destinata ad allungarsi e a complicarsi incredibilmente, e che proveremo a seguire e interpretare fino al suo epilogo, ben noto, ma non per questo meno ricco di sorprese e colpi di scena.

Intanto, per i lettori, ecco un video, nello sterminato mare digitale in cui ci si può perdere, da cui iniziare la propria ricerca.
Non un video delle risposte. Ma un buon punto di inizio per entrare nel labirinto delle domande, quasi tutte ancora oggi senza risposta. Fino a quando?



il video è composto di 6 parti, cliccaci sopra per seguire le altre su YouTube

Vai al primo articolo della serie: Così si uccide una democrazia  


Veglia Civile 2012
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